“Canto di Natale”, noi come Scrooge
di Katya Maugeri
“Pensate alle gioie presenti – ognuno ne ha molte – non alle
disgrazie passate – tutti ne hanno qualcuna. Riempite di nuovo il bicchiere con
volto radioso e cuore pago. Mi ci gioco la testa che il vostro sarà un Natale
allegro e un anno nuovo felice” (Charles Dickens)
Non è Natale senza quei riti che lo rendono magico e
affascinante. E nella tradizione letteraria non si può omettere un’opera che
non ha mai smesso di emozionare e di insegnare: “Canto di Natale”(A
Christmas Carol), un testo speciale in cui è racchiuso realmente l’essenza
dell’animo umano. Lo stile sofisticato e la penna di Charles Dickens narra
dei “vinti”, di coloro che portano con sé un bagaglio di tristezza colmo di
speranza. L’autore anche in questo caso fa emergere una forte critica verso la
società in cui viveva, disegnando intorno come una cornice armoniosa una delle
storie più emozionanti e famose sul Natale.
L’avido Ebenezer
Scrooge
Il protagonista è l’avido Scrooge, – che in inglese
significa tirchio, appunto – Ebenezer Scrooge, vecchio finanziere che non
crede alla magia del Natale, non lascia spazio dentro sé per nessun gesto di
carità, un cuore arido. Anche la notte di Natale. Ma cosa nasconde il suo cuore
così – apparentemente – gelido?
Il romanzo, suddiviso in cinque parti, narra della
conversione dell’uomo, al quale durante la notte di Natale si presenta il
fantasma del suo defunto amico/socio, Marley, avvolto da una catena
forgiata di lucchetti, timbri, portamonete, assegni, e tutto quel materiale che
lo ha distolto dal fare del bene al prossimo, spingendolo solo ad accumulare
denaro e potere. Una vita dedicata ai beni materiali, venerando il dio denaro e
alimentando solo un forte egoismo, che lo ha condannano a vagare con il “peso”
di ciò che ha accumulato.
Gli spiriti del
Natale
Il fantasma informa l’amico dell’imminente visita di tre
spiriti: lo spirito dei Natali passati, del Natale presente e lo spirito dei
futuri Natali. Questi spiriti mostreranno a Scrooge la sua vita passata,
presente e futura mostrandogli – senza giri di parole – l’opinione della gente,
il loro pensiero relativo ad atteggiamenti scontrosi, burberi che ha dedicato a
tutti loro, gesti vuoti e privi di bontà, di empatia, di amore.
A Scrooge viene mostrato il Natale di gente che – pur vivendo nella povertà –
riesce a gioire delle piccole cose: un gruppo di minatori che intonano un canto
di Natale attorno a un focolare, due guardiani di un faro che cantano e
brindano, gente che prega e che rivolge i pensieri di pace ai propri cari.
L’avido uomo, così, dopo la visita di questi spiriti, si ritrova nel suo letto.
È la mattina di Natale. In lui qualcosa è cambiato. Una prospettiva
vertiginosa lo ha scosso: ha toccato con mano quel vuoto che da sempre portava
dentro. Una notte che cambierà il suo modo di approcciarsi alla gente,
inizierà a “sentire” l’animo umano, sentirà l’esigenza di volersene prendere
cura in prima persona, riscoprirà l’emozione dei piccoli gesti, quelli umani,
sinceri che scaldano il cuore. La ricchezza che non ha la forma di una moneta
d’oro, ma ha il suono di risate e di parole gentili.
La più bella storia
sul Natale
Il romanzo di Dickens è tutt’oggi un prezioso testo dal
quale attingere moltissimi suggerimenti, un connubio elegante tra la tradizione
del romanzo gotico e il genere fiabesco, una storia allegorica che penetra
l’anima del lettore, un inno alla speranza. La possibilità di liberarsi dalle catene
dell’avidità, dell’aridità, dell’egoismo è la chiave di lettura che dà fiducia
all’uomo, alla sua capacità di valutare e di rimediare agli errori compiuti.
Scrooge, che ha ricevuto pochissime attenzioni durante la sua infanzia non è in
grado di custodire e alimentare quel poco che gli è stato dato e pone la sua
attenzione sul denaro, il potere, cercando di colmare un vuoto che fa male, ma
riuscirà a trovare quella ricchezza inestimabile quando – grazie allo spirito del
Natale passato – vedrà gli occhi dell’innocenza. La sua. Prima che il dolore,
la delusione e il desiderio di riscatto prendessero il sopravvento fino a
condurlo a un isolamento emotivo, sociale e alla perdita di persone che amava.
Ritroverà – guardando il suo passato – l’emozione perduta, la magia custodita
nelle piccole cose.
Charles Dickens scrisse “Canto di Natale” col desiderio di
coinvolgere sia i grandi che i bambini, con descrizioni commoventi, convinto di
poter risvegliare sentimenti puri come l’amore e la tolleranza, il rispetto per
gli altri e la capacità di apprezzare i piccoli doni giornalieri e non solo a
Natale. Si ritorna bambini, tra le pagine di un libro che non conosce
tempo e diventa ogni volta un canale magico al quale affidarsi per sentirsi
fortunati. Ogni giorno. In quei pranzi in famiglia, nei sorrisi di chi
amiamo, nei gesti di altruismo che doniamo in maniera disinteressata.
Quelle catene che tormentano il nostro caro protagonista le
conosciamo benissimo e gli spiriti del Natale sono lì pronti a ricordarci
quanto sia facile chiudere le porte del cuore, esiliarsi e scegliere di non
dare, di non accogliere l’aiuto altrui, ignorando il dolore di chi ci circonda.
Ma siamo consapevoli, inoltre, di quanto sia rigenerante un sorriso e ricevere
delle attenzioni incondizionate, conosciamo bene il calore dell’altruismo:
l’unico che possa scaldarci dal freddo inverno e che una mano tesa ad aiutare è
la ricchezza più importante da conquistare, custodire e alimentare.
Buon
Natale, che lo sia ogni giorno.
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