Addiction news, parola agli esperti: Leggendo un articolo sul Corriere, riflessione a margine



di don Salvatore Vergara



Antonio Polito ha scritto, qualche giorno fa, un interessante articolo sul corriere della sera on line, che ha suscitato  in me la voglia di prendere “carta e penna” e fare delle riflessioni a margine che siano un piccolo contributo al dibattito sulla droga in Italia.

Questo perché (ed è il grande obiettivo del mio intervento) credo che il problema principale sia il silenzio assordante che c’è, nel nostro paese, sul problema droga, soprattutto nella vita degli adolescenti: non è una questione del festival di Sanremo e delle canzone che inneggiano o no al consumo della droga: il vero problema è la sorte di tanti ragazzi che sono a rischio distruzione della loro esistenza. Polito avverte che “L’eroina è tornata, ma è diversa per qualità e costo. Nuove sostanze hanno creato nuovi consumatori…”, quanto è vero questo! Ma mi chiedo: a chi interessa? Quanti sono coloro che ne fanno la ragione di un impegno sociale? Eppure il problema è serio perché, dice l’articolo “drogarsi è un fenomeno sociale e culturale, non solo sanitario. Chiama in gioco una trama di rapporti… richiede dunque un intervento educativo, che separi il giovane dalla dipendenza dal gruppo e dai luoghi dello spaccio, oltre che dalla droga”.

E allora? Se il fenomeno è sociale, vuol dire che non è solo un problema di addetti ai lavori o dei cosiddetti supereroi che impazzano sulle televisioni a parlare del disagio dei giovani: è un problema di tutti: è la comunità il soggetto attivo di questa battaglia senza quartiere e di questo discorso si dovrebbe investire il mondo della politica e, ancor di più, degli argomenti che essa prende a cuore.
Ci nascondiamo o, meglio, nascondiamo la testa sotto la sabbia, per non vedere e non sentire che stiamo andando verso il baratro, non economico o finanziario, ma sociale ed umano. Gli operatori sono frustrati dalla gravità del problema e dall’impotenza di strutture prive di risorse e di mezzi idonei: strutture come “il Delfino” fanno quello che possono per combattere una battaglia che è più grande della semplice lotta alla tossicodipendenza. Un esempio? Il citato articolo di Polito parla, a ragion veduta, del rapporto tra la dipendenza e il disagio psichico: “Tra le dipendenze (i Serd si occupano anche di quelle da alcolismo, ludopatia, Internet) e le sindromi c’è un sottilissimo confine. Anzi, molti studi dicono che l’uso di sostanze, a partire dalla marijuana, è prima di tutto un indicatore di disagio psichico”.
Questo ci fa comprendere come il nostro futuro non sia roseo: se guardiamo ai numeri sempre in crescita e guardiamo anche all’abbassamento della fascia di età che fa uso di sostanze psicotrope, ci dovremmo seriamente preoccupare di cosa stiamo lasciando in eredità alle future generazioni: ma non in termini di conto in banca o debito pubblico, ma nei termini molto più vitali della salute e della salute mentale. Le prospettive? “Come e dove possono incontrare una persona, un salvagente umano, che tocchi loro il cuore e mostri che una strada c’è?” Questi ragazzi che non sanno dove andare, che ascoltano musica che inneggiano alla droga che vogliono “una vita così, una fine così” hanno bisogno di qualcuno che indichi loro la strada e dia loro l’esempio concreto di come si vive e di come si è attenti agli altri, perché, e questa è una notizia, bisogna essere attenti al dolore del mondo, dobbiamo farci carico di chi soffre e di chi è a rischio sofferenza. Papa Francesco nella sua esortazione “gaudete et exultate” ci richiama a questo: “Il mondo ci propone il contrario: il divertimento, il godimento, la distrazione, lo svago, e ci dice che questo è ciò che rende buona la vita. Il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle. Si spendono molte energie per scappare dalle situazioni in cui si fa presente la sofferenza, credendo che sia possibile dissimulare la realtà, dove mai, mai può mancare la croce” (gaudete et exultate, n° 75).

Anche lo stato ha le sue colpe e l’articolo di Polito dice che “non a caso la legge del ‘90 prevedeva una Conferenza nazionale sulle droghe da tenersi ogni tre anni per verificare con operatori, esperti e poteri pubblici come stessero andando le cose e quali cambiamenti si rendessero necessari. Quella Conferenza non si tiene invece da undici anni”. Questo significa che anche i provvedimenti previsti dall’arida legge non vengono rispettati, perché? Abbiamo, forse, altri problemi da affrontare che non piuttosto occuparci dei drogati o di chi può diventarlo? Abbiamo cose da fare che siano più urgenti del destino futuro dei nostri ragazzi? Abbiamo situazioni che impegnano le nostre menti che richiedano coraggio più della sorte di giovani che stanno buttando via la loro vita?
Il Centro di solidarietà “il Delfino” si occupa di drogati (e non di droga) da più di trenta anni e lo fa sperando che il bene, alla fine, vinca, ma questo non può farlo in solitudine. 

Un vecchio slogan di progetto uomo (il progetto terapeutico di don Mario Picchi che ha ispirato tante comunità in Italia) suonava così: tu solo puoi farcela ma non da solo!. Questo è il nostro grido, il nostro urlo ma (concludiamo, ancora, con Polito) sperando che (qualcuno) ci ascolti!

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