Cambia solo chi osa farlo. Lontano dalla sostanza e da ogni dipendenza
di Antonio DS
È dal 25 giugno del 2018 che con
immenso orgoglio porto avanti il mio percorso terapeutico qui all’Eden in una
delle strutture del Delfino. Sicuramente fiero per la scelta che ho fatto di
chiedere aiuto nell’aver avuto bisogno di staccare dalla società, di
allontanarmene da essa, diciamo anche di fermarmi un attimo.
Piuttosto anche mi sento di dire
d’aver avuto una notevole fortuna a ritrovarmi in questo tipo di contesto,
diverso da altre strutture e mi riferisco al metodo adottato dal Delfino di
fare programmi terapeutici che, sì sono per tossicodipendenza, ma nel mio caso
vi rientra anche un altro grosso problema ossia il gioco d’azzardo e di certo
gli operatori e la psicologa Manuela Donato, in quest’altra mia forte dipendenza, di
sicuro non ne sono rimasti indifferenti.
A me viene un po’ da sorridere,
un sorriso un po’ smorzato, un sorriso quasi a voler suscitare della tenerezza,
comunque un po' ironico poiché dico: “è possibile che ce l’ho tutte io?” e mi
riferisco al fatto che mi ritrovo anche in cura in psichiatria dal 2008.
Ci
tengo a dire però che dopotutto non penso o almeno, non ritengo che in me ci
sia stato un malessere o un disturbo, per ciò che ho avvertito in quel periodo.
Il 2008 è stato un anno che mi ha segnato nella vita, mi sono ritrovato a
vivere poi delle conseguenze che nel tempo mi hanno comunque reso fiero e
fortificato nella persona che sono oggi. Voglio dire che per me è stata una
notevole vittoria riuscire ed uscire da determinate sofferenze derivate da
pensieri strani che mi affollavano la mente: istinto al suicidio, depressione,
ansia, turbamenti. Ho vissuto un vero e proprio calvario. Da parte mia ho un
quadro ben delineato, chiaro, abbastanza nitido e sono consapevole e cosciente
di quelle che sono state le cause che mi hanno portato ad essere in uno stato
di confusione e ad avere i nervi a pezzi.
Una delle azioni involontarie che
compie il nostro organismo è quella del pianto. Fu così che in una giornata di
novembre del 2008, mentre svolgevo il mio lavoro in un’industria di imballaggi
di plastica, il mio essere, si ribellò, dico, mi viene da usare questo termine,
dal verbo ribellare, fui colto da una crisi. Per un buon quarto d’ora, venti
minuti, ho pianto, piangevo, ma non che mi uscivano lacrime, piangevo dentro e
il mio pensiero andava costantemente ai bambini e in generale alle generazioni
future che si ritrovano a vivere in questo mondo devastato, falso, corrotto e
criminale. La crisi durò tanto poiché cercavo allo stesso tempo di condurre il
mio lavoro, cercando di sistemare il macchinario per la produzione e chi era lì
vicino a me, non si rese neanche conto che stavo stando male.
Tutt’al più dico solo che con lo stile di vita che conducevo, perché mi ero portato un
po’ troppo al limite del possibile, dormire poco, poco riposo, assunzione di
sostanze psicotrope e altre sostanze anche sintetiche, momenti che si
alternavano a paranoie, in quanto mi sono riportato alla mente delle esperienze
che avevo fatto all’età di sedici anni, spiacevoli situazioni che avevo modo di
vivermi nell’ambiente lavorativo e brutte situazioni che affiorarono in
famiglia, penso comunque che ciò che di più mi rese inerme e che mi fece
ritrovare in quella crisi al lavoro, è stato il fatto che mi riconosco d’essere
una persona con un carattere decisamente abbastanza sensibile.
Magari terrei soltanto a dire che
da dieci anni a questa parte ho fatto un gran lavoro di introspezione, portando
a galla ed elaborando, quelli che sono stati i fattori scatenanti, che m’hanno
portato ad avere quella crisi, non sono contrario alla medicina, dico anzi,
aiuta, gli stessi colloqui con i medici aiutano, ma quando si tratta di un
malessere che va a riguardare la psiche, direi e dico anche, che in molti casi
il primo buon medico è la persona in se stessa, ossia, è la persona in sé che
deve trovare la forza di reagire e porre il proprio sguardo in avanti.
Dopo sei mesi di malattia che mi
spettavano, mi diedi da fare trovando lavoro in un magazzino per la lavorazione
degli agrumi, dove ho imparato a manovrare carrelli elevatori e in nove anni
che ho lavorato in questa azienda agricola, sono stato molto apprezzato dal mio
datore e anche responsabilizzato nel coordinare l’andamento del lavoro stesso.
Dall’età di sedici anni ho lavorato da cameriere in molte sale di ristoranti e
nelle stagioni estive, fino all’altro anno, mi sono prestato a servire ai ricevimenti,
per la maggior parte delle volte ai matrimoni.
Oggi mi ritrovo in questa
struttura e come dicevo, sono stato io a
cercarla e ringrazio lo stato, soltanto in questo, per la possibilità che mi dà
ad esserne ospite.
La droga compreso gli spinelli
l’ho sempre avuta sotto il muso, più che altro il crack e sostanze sintetiche
che assumevo ai free party. Tutti i miei soldi li ho spesi comunque tutti nelle
macchinette, tanto sapevo che vista la location che offrivo agli amici per
poterci fare in tranquillità o la mia disponibilità nell’andare a reperire la
cocaina e saperla lavorare per fumarla, erano pochissime le volte che investivo
anch’io per la sostanza. Tutti i miei soldi li ho spesi nelle
macchinette.
Che brutte bestie, uscire il giorno e pensare quale scegliere fra
quelle disponibili sul circondario, credendola quella fortunata in quel
momento. Entrare nelle salette ed uscirne soltanto dopo che finivo tutti soldi.
Aver lavorato e avere soldi in tasca della giornata appena fatta e magari anche
di altre giornate che avanzavo e non fare in tempo di tornare a casa che quante
erano 50 "euri" 50 "euri" 120, 120, 200, 200, una rabbia dentro quando mi rendevo
conto che avevo lavorato ma per cosa? Per premere un bottone?
Quella slot
machine l’avrei presa e l’avrei fracassata a terra, per tutto il nervoso che mi
sorbivo a dovermi vedere deprimere per il gusto che avevo di giocare e rimanere
sempre senza soldi e si, quei soldi che non bastavano mai e che se pure
c’erano, per me gli "euri", non avevano più nessuno valore. Avevo perso la stima
del soldo. 20 "euri" erano come 60, 100 come 50 e più stavo e più deperivo nella
trascuranza e in una domenica dopo aver litigato per l’ennesima volta con mia
madre, sono andato a scaraventare un bidone della spazzatura al cancello della
caserma del commissariato di polizia lì nel mio paese a Rossano.
E sì, dico io,
il soldatino s’affaccia dal balconcino e mi fa: “con chi ce l’hai?” ed io: “con
la società”. Come è possibile che lo stato abbia voluto bandire, cercando di
far evitare quella che era una pratica detta tesoreggiamento da parte dei
privati, favorendo le banche affinché attraverso i prestiti, la moneta potesse
rimanere in circolazione ed ora è lui stesso, lo stato, che propone il tesoreggiamento,
stipando, conservando e tenendo fermi enormi, ingenti, quantità di denaro
contante, considerando la grossa mole di macchinette sparse in tutto il
territorio nazionale. Il gioco può causare dipendenza patologica, tanto m’è
stato detto in tre secondi nel finire dello spot in tv che m’ha fatto vedere
una persona in costume da bagno sulla spiaggia per mezzo minuto.
Cerco al Delfino ospitalità nel
ripulirmi dalle sostanze tossiche della droga, una disintossicazione. Cerco da
questa struttura un posto che mi dia modo di poter far riflessione in me
stesso e valorizzare di nuovo la mia vita. Cerco in comunità un po’ di tempo,
al fine di ritrovarmi di nuovo un po’ di capitale che posso poter percepire
dall’invalidità civile che mi è spettata e potermi rimettere in gioco, stavolta
però puntando a crearmi una mia indipendenza e poter far godere un po’ la vita
anche ai miei genitori che dopo tanti sacrifici ad aver cresciuto tre figli, io
sono l’ultimo e loro a settant’anni, meritano e hanno il diritto di stare un
po’ più tranquilli.

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