Quei consigli mai ascoltati


di Alfredo F.

Delle volte la sera mi fermo a riflettere sulle cause che hanno reso così difficile e notevolmente lungo il mio percorso di riabilitazione alla vita dopo l'essere stato un eroinomane.

C'è da premettere che la prima volta che entrai in una comunità terapeutica per il recupero dalla dipendenza di sostanze stupefacenti fu nell'87, di comunità ne sono seguite altre, posso dire che quasi la metà della mia vita l'ho passata, e la sto ancora passando a far si che il cambiamento diventi radicale in me.
Ora sono riuscito ad ammettere con me stesso che ogni ingresso in realtà non era dettato dalla reale ricerca dei veri motivi (caratteriali e non), ma una stanchezza fisica riguardante tutti i contorni negativi riguardanti la droga. Il  cervello in costante pressione per risolvere il problema giornaliero dell'astinenza arriva a un punto di spossatezza che ti induce a prenderti una pausa, per quanto dolorosa possa essere. Il punto e tutto qui! 
Entrare in comunità per staccare, per riposare il cervello, per riacquistare un po’ di credibilità e anche per riprendersi fisicamente ma non per cambiare veramente, perché la droga fondamentalmente ci piace e non si è decisi a rinunciarci, convinti che per il cambiamento ci sia sempre tempo. Io, queste, le ho sempre definite “riserve”, cioè smussare gli spigoli, addolcire la pillola, imparare meglio a manipolare il prossimo per poter mantenere  stretto ciò che più ci interessa, senza la volontà di cambiarlo di una virgola, mantenere le riserve. Alle volte si scende a compromessi scegliendo mali considerati, erroneamente,  minori,  tipo farmaci o alcool perché legali e socialmente meno dannosi ma forse più distruttivi a livello psicofisico, per un unico obiettivo che è quello di rimanere fuori dalla realtà. 
Il vero problema è che si mente a se stessi con tanta convinzione tanto da arrivare al punto di credere che esistono giustificazioni più che valide per il nostro comportamento, perdendo di vista la  realtà che ci circonda, i valori di una vita sana, il pensare ad altro e non sempre e solo a noi stessi. 
Ciò che è strano, in tutto questo, è che tutto quello che ho scritto adesso mi era stato detto da altre persone che ci erano passate e che avevano capito il problema cercando di mettermi in guardia, esortandomi a non perdere tempo, a buttare via le riserve se  volevo cambiare. Se avessi dato retta a questi consigli non mi troverei a combattere ancora a 57 anni.

Commenti

I più letti

Chi ero, chi sono e chi spero di essere

Il sommerso degli oppioidi. Consapevole utilizzo di un farmaco sbagliato

Cambiare si può: allontanate il marcio