Wabi-Sabi, la bellezza delle cose imperfette



Wabi-Sabi è la bellezza delle cose imperfette, incompiute. La bellezza delle cose umili e modeste. 
L’origine etimologica della parola “wabi” si riferisce alla frugalità e alla moderazione che contrasta l’ostentazione e il lusso. Più precisamente, è l’opposto della stravaganza e dello spreco. Mentre la parola “sabi” si riferisce alla serenità e alla tranquillità che derivano dall’età o dalla maturità intellettuale. Il Wabi Sabi sottolinea la grandezza nella semplicità, ma senza sottovalutare la decadenza del mondo in cui la tristezza e la desolazione si fondono in una malinconia che tocca l'anima. Ci insegna ad esercitare il distacco dalla perfezione morbosa e assoluta, per accompagnarci verso la bellezza di una creazione spontanea, naturale, magari incompleta ma sicuramente autentica.

Il concetto del Wabi Sabi si lega perfettamente alla tecnica giapponese chiamata Kintsukuroi, che consiste nella riparazione degli oggetti unendo i pezzi con l’oro. In questo modo, oltre a impreziosirli, li si rende più resistenti di prima. Ciò vale anche per un’anima che ha subito una ferita profonda o un affronto così grande da portare alla disintegrazione dell’Io. La filosofia del Kintsukuroi insegna che le avversità possono essere un’occasione per diventare persone più forti e più belle, dato che le cicatrici delle avversità sono un modo per ricordare che, nonostante la sofferenza e la sfortuna, ovvero l'arte di rendere unica la fragilità. Perché l’individuo ha sempre la capacità di rinnovarsi in maniera integrale grazie al potere della resilienza, si scopre quindi che dentro sé esistono risorse che non si conoscevano e che aiutano a riprendere il percorso dopo un evento traumatico.

La bellezza dell'imperfezione è proprio questa: trovare la capacità di non farsi sopraffare dai problemi, stabilendo obiettivi chiari e credendo nelle proprie forze e nella loro realizzazione nonostante le difficoltà. Non temere i limiti, avere pazienza e cura di se stessi.

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