Chi è senza peccato, perdoni se stesso
di Antonio DS 
Ho avuto la fortuna di conoscere la giornalista e
scrittrice, autrice del suo primo libro d'inchiesta, Katya Maugeri. Una donna che da subito ho avuto la sensazione di definirla con il termine
grande.
Grande per la donna che è, in quanto immediatamente, avendo avuto modo di
lavorarci insieme, c'ha resi partecipi della sua stupenda persona, facendocelo
avvertire a impatto, sia col suo modo di parlarci, sia nei suoi comportamenti, sia
con i suoi progetti/laboratori abbastanza molto riflessivi da parte nostra, a
comprendere, ancora meglio, cosa siamo stati e chi possiamo proporci di essere
nell'oggi, laboratori questi, organizzati insieme all'equipe della struttura e
sicuramente grandi anche loro. 
Decisamente grande per ciò che c'ha fatto intuire essere i suoi valori e i suoi
obiettivi, in ciò che si dedica e in ciò che crede, donando da questo punto di
vista la propria vita al proprio lavoro e il proprio lavoro alla propria vita. Una donna semplice, che è entrata subito in sintonia con ciascuno di noi utenti
che è qui ospite del Delfino grazie alla sua sensibilità. 
Perché dico la propria vita al proprio lavoro e il proprio lavoro alla propria
vita? Forse farei meglio giustamente a dire, anche alla propria vita. Infatti il suo lavoro s'intreccia con i suoi valori e suoi obiettivi cosicché,
fa sì che si dedichi attivamente in pieno ad apportare il proprio contributo
nel sociale, affinché classi disagiate, sia per scelta o non, sicuramente
quella parte di persone che si ritrova ad essere svantaggiata, che possa
ritrovarsi ad avere l'opportunità di riparare per chi ne ha commesso, i propri
errori, attuando in sé il cambiamento che non a caso si ritrova ad essere anche
il nome di questo blog. 
La possibilità di dar modo a queste persone, di potersi rimettere in gioco
nella vita ed è qui che risaltano i suoi obiettivi, in quanto gran parte del
proprio lavoro e quindi di conseguenza la propria vita, si finalizza a porre un
azione che mira ad aprire finestre nella mente di ciascuno. Lo fa con noi,
costantemente, pur ritrovandosi in un'altra città di un'altra regione e lo fa
con chiunque abbia modo di potersi approcciare ai suoi lavori, lasciando in
segno, la percezione di alcune realtà del mondo contemporaneo. Realtà che
riguardano nel nostro caso la tossicodipendenza, ma anche realtà che riguardano
l'aspetto delle carceri e soprattutto dei detenuti, dando modo di far
riflettere anche su come si sviluppano le relazioni tra gente come dicevo prima
svantaggiata e gente normale, piuttosto magari libera, ma che libera poi così
tanto non è, in quanto imprigionata anch'essa a sua volta, nel pregiudizio,
nella sfiducia, nella convinzione a relegare e abbandonare chi sbaglia, nei
propri errori.
Quest'ultimo suo lavoro, questa sua inchiesta svolta nei penitenziari,
confluisce in un libro che ha per titolo "Liberaci dai nostri mali". Un titolo che riporta subito la mente alla preghiera che facciamo in fede
cristiana al Padre nostro. Potrei chiedermi, chi è perfetto? Oppure, chi è in grado di poter giudicare
l'altro? Dove sta il perdono? Magari questo si è un parolone, è un sentimento
volto ad essere amaro da deglutire e pesante da poter digerire.
Ma quanto è il piacere di chi trova appagamento nel sapere
che un'altra persona finalmente soffre? E in quanti riescono a stare nella
presunzione di poter avere il potere a non dar spazio a chi ha compreso i
propri errori e vorrebbe cominciare a condurre una vita normale, legale,
ammesso poi che tali strutture diano gli strumenti giusti per potersi aprire in
completa riflessione e nel pentimento, piuttosto nella maggior parte dei casi,
una cruenta disumanità, che può far soltanto rigonfiare ancor di più, d'odio,
un prigioniero. 
E chi può essere normale quando attorno a sé, ci si ritrova
stanziati in luoghi dove vuoi o non vuoi diventa normale che vi si incentri
l'illegalità? Ognuna di queste domande può essere affrontata insieme, civicamente, con
razionalità e coscienza, in questo libro, dove Katya riprende in maniera
romanzata la vita di alcuni detenuti, con le loro scelte e le loro difficoltà. 
Ringrazio il dott. Calabria, dove alla presentazione di questo libro qui a
Cosenza ad alcune classi della scuola statale Lucrezia Della Valle, insieme ad
altri utenti del Delfino, ho avuto il piacere di ritrovarmi anch'io e del tutto
rispettabile è stato un suo pensiero che m ha lasciato una piena
considerazione, ad aprirmi a ragionare su come in carcere per un detenuto lo
spazio si limita ed il tempo si dilata. Penso la società non ha bisogno di capri espiatori, ma di un vero e del tutto
nuovo e più moderno senso di cultura, pari a una virtù, che possa attanagliare
finalmente, le divergenze in cui riversa la popolazione generale. 
Grazie Delfino e grazie Katya, grandi.

 
 
 
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