Mediazione penale, il confine. L'etica professionale diventa l'arte dei professionisti più sofisticati
di Giusy Schipani
Chiarezza!
Ecco cosa ci vuole oggi, se si vuole essere un punto di
riferimento serio e qualificato, un dettaglio di qualità nel grande
macrosistema del mondo del lavoro. Quale significato viene ad assumere l'etica professionale?
Per rispondere a questo interrogativo, è opportuno
preliminarmente introdurre alcune considerazioni di ordine generale, accanto ad
alcune chiarificazioni terminologiche. In primo luogo, vale la pena osservare,
anche se può apparire scontato, come la dimensione del lavoro e della
professione non possa rimanere estranea all'etica. Come è risaputo, il termine etica
deriva dal greco ethos che significa "costume", "consuetudine”.
Quando parliamo di etica facciamo, allora, riferimento al costume e
più ampiamente al nostro modo di agire, di comportarci, alle scelte che
quotidianamente compiamo, in modo più o meno consapevole. Ogni professione
è esercitata da uomini ed è rivolta ad altri uomini. L'attività lavorativa ha
una ricaduta più o meno diretta sulla vita dell'uomo e assume quindi,
inevitabilmente, un risvolto etico.
Non si può brancolare nella generalità della tematica e
dunque bisogna necessariamente stringere il raggio della discussione,
effettuando il passaggio dall’etica in senso amplio all’etica professionale, la
quale non si discosta dal suo significato originario, ma semplicemente viene
contestualizzata in termini lavorativi. L’insieme di valori che guidano ed orientano l’azione del
professionista, da qualche tempo a questa parte è declinato in deontologia
professionale. Nello svolgimento di una professione, questa rappresenta le
basi per dare la giusta dimensione agli avvenimenti.
Quella bilancia che funge
da giusto mezzo per equilibrare i due opposti vizi dell'eccesso e del
difetto. Ciò vale per tutte le professioni, soprattutto per quelle
non regolamentate, in virtù del fatto che la buona prassi e lo stile
rispecchiano la moda eterna.
In questo discorso non può non essere inserita la
mediazione. Professione di grande importanza e delicatezza, applicata in
diversi ambiti e come spesso accade intesa come una tecnica anziché come
modalità di conduzione delle relazioni, regolata e disciplinata
diversamente a seconda dei suoi differenti ambiti di applicazione. Nello
specifico, è necessario ricordare uno dei principi fondamentali della
mediazione, ovvero l’equidistanza. A conferma di ciò, la figura del mediatore
per ovvie e varie motivazioni non può e non deve essere intesa come parte
accondiscendente, amicale, buona e comprensiva, tanto da somigliare ad una
Santità . Risulta di estrema e fondamentale importanza la neutralità, la quale
accoglie nella giusta misura la componente conflittuale che procura disordine e
malessere, e consente al tempo stesso di evitare quella forma di
invischiamento che andrebbe ad inficiare il rapporto tra professionista e
utente.
Solo così facendo si può dare spazio all’accoglienza dell’altro e alla
componente empatica, evidenziando il valore della giusta “distanza” intesa come
il connubio tra competenza e amore per ciò che si fa, dando origine al
capolavoro del cambiamento. Come dice Frederick Douglass “la grandezza dell’uomo
consiste nella sua capacità di fare e nella corretta applicazione dei suoi
poteri nelle cose che devono essere fatte”.
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