Cocaina, gli effetti a lungo termine della droga che incentiva l’impulsività
di Roberto Calabria
specialista in Medicina Interna, direttore f.f. U.O.C.
SerD ASP Cosenza
Gli effetti sugli organi
È opportuno sottolineare per prima cosa che la cocaina
produce effetti cronici e non reversibili su diversi organi interni che in
primo luogo interessano il sistema cardio-polmonare, il sistema nervoso, quello
gastrointestinale e in generale tutti gli organi interni. Dal punto di vista neurobiologico la cocaina agisce
incrementando l’attività della dopamina, un neurotrasmettitore che «eccita» le
cellule cerebrali. La cocaina blocca la ricaptazione della dopamina dal vallo
sinaptico, ovvero lo spazio tra due neuroni, di fatto producendo una maggiore
quantità di dopamina a disposizione dei recettori neurali.
Come agisce la dopamina
La dopamina è un neurotrasmettitore che regola lo stato di
«intenzionalità» dell’atteggiamento: con un maggior livello di dopamina da
«usare», la realtà è percepita come maggiormente «appetibile», il che determina
un differente atteggiamento della persona che diviene genericamente più
«aggressiva» e «predatoria» nei confronti degli oggetti/persone che ha intorno
a sè, con un senso aumentato di aggressività e potere. Sono noti gli effetti
sulla libido e sull’appetito sessuale dell’uso di cocaina, il senso di maggior
focalizzazione sul lavoro, la maggior energia, lo stato di focalizzazione
attenta e potente che chi è sotto effetto di cocaina sperimenta.
Perché si chiama «droga da performance»
La coscienza, per sua natura intenzionale e orientata (è lo
strumento che usiamo per muoverci nella realtà), diviene in questi momenti
focalizzata e maggiormente agganciata alla realtà esterna. La cocaina per
questo è stata definita una droga da «performance» e non da «introspezione»:
chi la usa difficilmente cerca uno stato di immersione dentro di sé, ma
piuttosto un diverso atteggiamento nei confronti della realtà esterna.
Il meccanismo della ricompensa e del desiderio
La dopamina è inoltre centralmente coinvolta in quello che è
stato definito meccanismo di reward, ovvero di «ricompensa». Insieme a una
potente scarica dopaminergica, il nostro cervello memorizza con intensità
amplificata quel preciso momento di benessere, al fine di riprodurlo in futuro.
E’ come se l’appetito si auto-alimentasse, ingigantendosi, fino a renderci
bulimici. Questo è stato osservato a proposito dell’utilizzo «binge» della
cocaina, di cui ci si «abbuffa» al fine di riprodurre e ri-sperimentare quello
stato di piacere provato inizialmente e fugare il down post-assunzione. In
questo senso quindi dire che la cocaina non produce dipendenza fisica non è
strettamente esatto perché esiste un meccanismo, quello di ricompensa appunto,
dis-regolato e potentemente attivo in senso biologico, che governa il senso di
bisogno e quello che tecnicamente viene chiamato «craving», ovvero il
«desiderare» in modo molto intenso che il consumatore sperimenta.
Effetti collaterali a lungo termine
Gli effetti collaterali a breve termine sul piano psicologico
dell’uso della cocaina sono noti (senso di allarme, ansia, accelerazione), meno
quelli sul lungo termine.
L’uso cronico di cocaina ha molteplici ripercussioni in
senso psicopatologico che sono state studiate e che potremmo così sintetizzare.
1) Sindrome
frontale. L’uso cronico di cocaina interferisce sul funzionamento della
corteccia frontale, sede delle funzioni esecutive (organizzazione, controllo
inibitorio sugli impulsi, presa di decisioni ragionata, pianificazione,
strategia, flessibilità cognitiva).
Questo aspetto è molto importante e spiega la motivazione
per la quale chi usa cronicamente cocaina appare in difficoltà nella gestione
della propria impulsività, assumendo un atteggiamento genericamente più
irritabile e poco «modulato» soprattutto in termini di aggressività e controllo
di sé.
Si parla di «sociopatia acquisita» osservando come pazienti
con lesioni a questa parte del cervello sviluppino un atteggiamento
progressivamente più incongruo al contesto, con difficoltà relazionali e
comportamenti, appunto, poco modulati e forieri di difficoltà nell’interazione
sociale.
2) Interpretatività. L’uso cronico di cocaina induce uno
stato di «paranoia», ovvero di convinzione delirante inerente l’essere
seguiti/perseguitati/osservati, dapprima in occasione degli usi, in seguito
anche raggiunto lo stato di lucidità. E’ documentato lo svilupparsi di
convinzioni deliranti entro le quali la realtà è interpretata soggettivamente,
portando la persona a crearsi convinzioni rigide riguardo alla realtà e alle
persone esterne, che divengono «persecutori».
In qualche modo è come se la cocaina aumentasse il senso di
essere al «centro dell’attenzione» anche in assenza di oggettivi fattori
esterni. Questo aspetto diventa con il tempo cronico e modella la personalità
dell’assuntore, fino a produrre «cicli interpersonali problematici» e
conseguenti enormi problematiche di relazione con gli altri.
3) Depressione. Come conseguenza all’uso cronico di cocaina,
l’intero meccanismo di regolazione del rilascio della dopamina appare prostrato
e logorato dall’esposizione continua a larghe quantità di neurotrasmettitore: a
questo è attribuito l’effetto genericamente depressivo sul tono dell’umore del
consumatore. Questo è da intendere in parole povere come una maggiore tendenza
a sviluppare depressione/sentirsi depressi o più specificatamente apatici,
anche senza che si utilizzi quotidianamente la sostanza, come conseguenza della
deplezione delle risorse neurotrasmettitoriali.
4) Cicli interpersonali problematici. Questa formulazione
rubata alla psicoterapia cognitiva, sintetizza l’insieme delle problematiche
che l’utilizzo di cocaina produce sul piano delle relazioni del consumatore.
Questo aspetto è da intendersi come centrale, e in grado a cascata di produrre
ulteriori fattori di stress, che alimentano il bisogno di usare sostanza, e
così via, in un crescendo che si auto-alimenta. Per cicli interpersonali
problematici intendiamo le distorsioni dei rapporti familiari, amicali e di
coppia connesse all’uso di sostanza, che porta l’individuo a camuffarne il suo
utilizzo e a vivere quest’ultimo come centrale, prioritario. C’è in effetti uno
spostamento delle priorità: l’utilizzo di cocaina diviene centrale, con il
resto della vita dell’individuo tralasciato/trascurato. La distorsione e la
rottura di rapporti significativi, tolgono all’individuo potenziali punti di
appoggio, in un meccanismo paradossale in cui tendono a essere trascurati
proprio quei legami che potrebbero funzionare da cuscinetto.
Le possibili motivazioni alla base dell'uso di questa droga
Nella clinica della dipendenza alla cocaina, è opportuno
chiedersi le reali motivazioni che sottostanno l’uso, se sia questo di natura
solamente ricreativa, o se invece esistano altri aspetti di natura
auto-medicale (per esempio la ricerca di emozioni che non si riescono a
sentire, o la soppressione di emozioni o stati di eccitazione o ansia che non
riescono a essere gestiti in altro modo).
La gestione clinica prevede un approccio integrato che vede
la figura dello psichiatra interagire e collaborare con lo psicoterapeuta,
alleati con il paziente in un lavoro di cura che per sua natura non è
immediato, ma richiede tempi lunghi. Essendo infatti la cocaina in grado di
modificare le abitudini di vita e le coazioni del paziente, eliminare la sua
assunzione non è sufficiente se non si sia fatto, insieme, un lavoro sullo
stile di vita della persona e una profonda esplorazione della motivazione del
paziente e di ciò che lo spinge all’uso, o al contrario al voler smettere.
Esistono inoltre terapie sperimentali che partono da un
approccio più biologico, volendo perturbare il prima citato meccanismo di
trasmissione sinaptica, per esempio la Stimolazione Magnetica Transcranica
operata da Gallimberti a Padova e ora Milano.
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