Il fenomeno della doppia diagnosi
di Salvatore Monaco
Nei servizi che si occupano di dipendenze
patologiche si sente nominare sovente il termine doppia diagnosi.
Ma chi sono i pazienti cosiddetti in doppia diagnosi o in
comorbilità psichiatrica?
Sono quelli che oltre alla dipendenza patologica, presentano
disturbi di natura psichiatrica, come quelli dell’umore, di ansia, schizofrenia
e di personalità. Sono pazienti che rispetto a quelli classici delle
dipendenze, presentano un maggior numero di ricadute, frequenti ricoveri,
maggiori recidive in attività illegali (la maggior parte delle volte per
procurarsi le sostanze), più alto rischio di contrarre malattie infettive.
Chi nasce prima, il disturbo psichiatrico o la dipendenza?
La diatriba storica sull’argomento tra gli esperti di
settore e i vari servizi di cura è sulla relazione esistente tra la
dipendenza e la patologia psichiatrica, vale a dire, chi è nato, prima l’uovo o
la gallina? Esisteva già un disturbo psichiatrico a monte per cui la dipendenza
costituisce solo la conseguenza? Questa tesi vede l’impiego delle varie
sostanze come una sorta di autocura da parte del paziente, cioè l’uso delle
sostanze di abuso viene visto come una sorta di panacea per contrastare i
demoni della malattia psichiatrica. Altre teorie sostengono invece che possa essere
l’utilizzo di sostanze stesse a generare la comparsa di disturbi
psichiatrici, a causa degli effetti devastanti che possono avere nel
cervello e in alcuni casi slatentizzare patologie latenti, che aspettavano solo
che qualcosa le attivasse . In realtà esiste anche il terzo lato della
medaglia, cioè il fatto che la psicopatologia e la dipendenza non si influenzino
vicendevolmente ma coesistano in modo parallelo nello stesso paziente.
Quali sono i disturbi psichiatrici associati più
frequentemente con alcune dipendenze patologiche?
Molto spesso i servizi pubblici che si occupano di
dipendenze, devono fronteggiare diverse situazioni di comorbilità psichiatrica.
Negli ultimi anni è cresciuto in modo esponenziale l’intervento dei vari
servizi di salute mentale che cercano di compensare bene un utente comorbile,
prima che questi possa essere inviato in una comunità di recupero. In passato
infatti un utente trattato solo dal punto di vista della dipendenza, poteva
scompensarsi, ossia presentare delle crisi relative al disturbo psichiatrico di
cui era portatore e finire per fare danni, scappare via, non reggere quindi l’ambiente
circoscritto della comunità terapeutica in cui veniva inviato come ultima
spiaggia, spinti spesso dalle pressioni dei familiari esasperati. Disturbi come
quello bipolare, disturbi dell’umore e disturbi di ansia, possono ostacolare
ogni forma di trattamento per quanto concerne le dipendenze patologiche se non
adeguatamente trattati. Per questo la collaborazione tra i diversi servizi
(Serd, CSM, comunità) rappresenta la conditio sine qua non per
intraprendere un percorso terapeutico/riabilitativo per un paziente in doppia
diagnosi. Va detto che le strutture specifiche e qualificate non sono molte nel
territorio nazionale, specie nel nostro meridione e i servizi non sempre
possono inviare fuori regione i pazienti comorbili nelle apposite strutture e
per una questione di liste di attesa lunghissime e per budget economici e vari
vincoli che variano da regione a regione, che non possono essere oltrepassati.
Di conseguenza, molto spesso pazienti con un quadro clinico molto compromesso
finiscono nel tritacarne delle comunità terapeutiche classiche, che affrontano
ormai da anni questo problema e che si sono dovute nel tempo attrezzare e
modificare i protocolli di intervento classici, per fronteggiare tale fenomeno,
con tutti i limiti e le conseguenze derivanti, soprattutto quando la sinergia
tra i servizi è una chimera.
Trattamento delle doppie diagnosi
In una prima fase si deve procedere alla disintossicazione
delle sostanze di abuso e gestione del craving e della relativa astinenza, per
poi passare al trattamento del disturbo psicopatologico in comorbilità. Solo
dopo aver affrontato in passaggi differenti le prime due fasi sarà possibile
lavorare sulla terza cioè sulla motivazione del paziente a mantenersi astinente
dalla sostanza di cui faceva abuso, con tutta una serie di modelli
psico-educativi da far apprendere per aumentare la consapevolezza delle proprie
risorse e a far percepire tutti i campanelli di allarme per una ricaduta nella
sostanza o scompenso psichico. Questo lavoro può essere affrontato in una comunità
terapeutica se gli elementi detti prima funzionano, vale a dire collaborazione
tra Serd, che tratta la dipendenza patologica, Centri di salute mentale,
che tratta il disturbo psichico e le comunità terapeutica, che innestano i
processi psicoeducativi. Una buona diagnosi di partenza costituisce sicuramente
oltre metà del progetto stesso di riabilitazione e permetterà di ottenere meno
fallimenti e sconfitte rispetto a tanti errori commessi nel passato nel
trattamento di questi pazienti, quanto anziché la sinergia tra i servizi,
regnava solo il caos.
(pubblicato sulla rubrica Infodipendenza: https://www.sicilianetwork.info/il-fenomeno-della-doppia-diagnosi/)
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