Cannabis e suoi derivati: l'importanza di una corretta informazione



di Salvatore Monaco

L’uso di sostanze illegali tra la popolazione giovanile è molto diffuso e appare in forte aumento.  La più accessibile è la cannabis, seguita da cocaina, stimolanti, eroina e allucinogeni. Recenti ricerche su giovani studenti evidenziano che la discoteca è il luogo più indicato per accedere facilmente a tutte le sostanze, così come la scuola. Luogo, infatti, sinonimo molto spesso di rifornimento e di spaccio. Si assiste sempre più ad un uso sempre massiccio della cannabis: 14 italiani su 1000, circa, compresi in una fascia di età tra i 15 e i 64 anni, la consuma con una certa frequenza. Molto spesso non c’è la consapevolezza da parte di chi ne fa uso, della gravità e di quanto sia nocivo per l’organismo. Le diverse controversie sulla lotta alla legalizzazione e sugli effetti terapeutici della cannabis, ha creato spesso tanta confusione sull’argomento. Sul mercato sono state introdotte tantissime  nuove droghe sintetiche. Queste sostanze sono lanciate da organizzazioni criminali molto potenti usando la rete e “smart shop”, pubblicizzandole come altri svariati prodotti che vanno dai sali da bagno, alle erbe mediche. Ci si trova di fronte a potenti molecole chimiche di sintesi vendute al posto di altro, delle quali molte volte lo stesso compratore  ignora l’esatta composizione. 

La maggior parte di questi prodotti sono preparati artigianalmente in laboratori improvvisati e sporchi, immessi in commercio mediante una pubblicizzazione su siti web specifici.

A volte dietro discorsi legati all’appartenenza ad una determinata  classe politica o a vari discorsi filosofeggianti, si cela quindi tanta disinformazione che porta a sottovalutarne gli effetti nocivi, specialmente se associate ad altre sostanze e/o alcool.  Tanti ragazzi passati dalle nostre comunità, non consideravano illegali le canne e affermavano che avrebbero, una volta terminato il percorso di disintossicazione da altre sostanze, continuato a fare uso di erba e fumo. Con il termine  “cannabis” o “cannabinoidi” vengono indicate tutte le sostanze cosiddette psicoattive che si ricavano dalle infiorescenze della cannabis sativa o canapa indiana il cui principio attivo primario è il tetraidrocannabinolo (THC).
I derivati della cannabis vengono principalmente fumati (spinello) ma si possono anche ingerire sotto forma di infuso. Tra questi troviamo l’hashish o “fumo” che consiste  nella resina prodotta dalle infiorescenze. La marijuana o “erba” è costituita principalmente dalle foglie essiccate e nei suoi fiori. L’ olio di hashish, dall’elevato contenuto di THC,  è ottenuto invece per estrazione mediante appositi solventi . L’hashish e la marijuana vengono fumati con tabacco in forma di sigarette, dette nel gergo, “rollate” a mano (“joint”) o in apposite pipe (“chillums”), scatenando degli effetti di euforia e uno stato di pace apparente. Con il fumo si cerca l’amplificazione  delle percezioni sia interne che esterne e una maggiore socializzazione con gli altri. 

Quello che viene definito il rituale di assunzione in gruppo, prevede che lo stesso spinello, venga fatto girare ad ogni membro: sonnolenza, difficoltà ad ascoltare e a concentrarsi, alterazioni nella percezione spazio-temporale, agitazione psicomotoria, pupille dilatate, facile irritabilità, sono sovente gli effetti collaterali, alcuni effetti cardiovascolari come la tachicardia e le variazioni della pressione sanguigna, sono ampiamente documentate in campo sanitario. Lo stato fisico ed emozionale indotto dall’utilizzo della cannabis può cambiare in base a diverse variabili, la personalità del fruitore e del suo stato psichico, alle condizioni ambientali, alla  modalità di assunzione ma soprattutto in base alla quantità di principio attivo assunto. Non vi sono chiari casi documentati di morte per cannabis nell’uomo ma  sono documentati moltissimi incidenti mortali connessi all’abuso di cannabinoidi.

Ma come agiscono i cannabinoidi?  Una volta assorbito, il THC si distribuisce ai vari organi dell’organismo, specialmente a quelli che hanno alte concentrazioni di grassi. Perciò, il THC penetra rapidamente nell’encefalo. A causa della sua capacità di sciogliersi nei grassi, il THC si accumula nell’organismo e la sua presenza può essere rilevata anche a mesi di distanza dall’ultima assunzione. Di solito, quando termina l’effetto,  si riscontra un grande desiderio di assunzione di cibo calorico, detta spesso fame chimica. Il metabolismo del THC è lento, l’emivita di eliminazione è stata calcolata in circa un mese  sebbene alcune fonti riferiscano un periodo più ridotto (circa una settimana).

Il THC persiste nell’organismo per svariati giorni o addirittura per settimane e tale smaltimento graduale tende ad intensificare l’effetto dei cannabinoidi successivamente assunti ecco perché coloro che fanno uso regolare di marijuana raggiungono lo stato di ebrezza molto più rapidamente, più facilmente e con un quantitativo del principio attivo  inferiore rispetto a coloro che ne fanno un uso saltuario. L’abuso di cannabis può favorire una dipendenza psicologica accompagnata dal rischio di alterazioni  di personalità, di perdita di contatto con la realtà e di auto negazione. Spesso si assiste a quello che viene definito il pensiero astratto, cioè una forma di pensiero che si allontana dalla concretezza ma tende alla astrazione, allontanandosi dal senso di realtà e dalla capacità di problem solving.
Diverse ricerche  hanno mostrato vari pericoli legati al consumo di cannabis: danno cromosomico, scompensi ormonali che possono portare a rischio  di impotenza e sterilità momentanea, danni ai polmoni e alle vie respiratorie. Infatti una canna viene equiparata dagli esperti a circa 4 sigarette di tabacco e il fumo viene trattenuto più a lungo e pare abbia  un elevato grado di calore rispetto alla normale sigaretta. Quando viene assunta come infuso e a dosi elevate, può causare manie di persecuzione o paranoia, associata spesso ad aumento della frequenza cardiaca ed emicrania. Nelle persone predisposte alla patologia psichiatrica, i cannabinoidi possono portare fuori disturbi di personalità o vere e proprie crisi psicotiche latenti,  che non erano mai comparse precedentemente.

Infine, c’è la possibilità di danni cerebrali a lungo termine in quanto tracce di THC rimangono a lungo in quest’organo. I benefici inerenti lo smettere di fumare cannabis, riguardano in particolare  la memoria e l’apparato cardio-respiratorio, smettere di fumare cannabis può portare a un miglioramento della memoria a breve termine e delle sue funzionalità. Alcuni studi attuali hanno messo in luce la possibilità che la cannabis possa modificare i livelli della dopamina, neurotrasmettitore responsabile della sindrome amotivazionale. Smettere di fumare cannabis, porterebbe al beneficio di riportare i livelli di dopamina nella norma  e sentirsi molto più motivati. L’altro aspetto positivo è lo smettere di fumare vero e proprio, che può portare sollievo a tutto l’apparato respiratorio. Tra gli adolescenti è stato ripetutamente messo in risalto che i che il “fumo” di cannabinoidi comporta alterazione e rallentamento dello sviluppo psichico, compromissione della motivazione, facilitazione del passaggio all’uso di altre droghe.  L’uso prolungato di marijuana in giovani adolescenti intensifica e consolida il disturbo motivazionale” quando questo preesiste, cioè lo slatentizza. Il fumo abituale di hashish/marijuana induce più bassi livelli di adattamento in quei soggetti che in partenza hanno più problemi e meno risorse.
Molte delle casistiche di consumatori di eroina presentano alte quote di soggetti che hanno fumato cannabis in precedenza. Inoltre, studi tendenti a esaminare popolazioni di fumatori di cannabis, dimostrano che la probabilità di usare l’eroina cresce con il crescere della frequenza del fumo di cannabis. Insomma molte delle ricerche e studi condotti in ogni parte del pianeta, sembrano dimostrare che più si “fuma” più si rischia di usare eroina, e tra i forti fumatori di cannabis, 1 su 3 prova l’eroina. Questo non significa che tutti diventeranno tossicodipendenti da oppiacei, ma che si espongono al rischio di diventarlo compiendo un altro passo su quella pericolosissima via. 

Se non si può affermare che l’uso di cannabis è la causa dell’uso di eroina, si deve sostenere che l’uso di cannabis è un fattore di rischio serio rispetto a tale uso. Anche nelle anamnesi degli utenti passati dalle nostre comunità, è riscontrabile in soggetti eroinomani, un esordio precoce tra i 12 e i 14 anni con i cannabinoidi, sostanza per lo più delle volte considerata non stupefacente, ma ricreativa e aggregativa.
Chi chiede aiuto, a livello ambulatoriale – Sert – o residenziale – comunità terapeutiche -, deve essere aiutato ad allontanarsi  dall’uso di cannabis principalmente tramite un percorso di informazione, sul fatto che non ci sarà una fase astinenziale tanto  dolorosa al momento del distacco e che non è indicata una terapia specifica per la disintossicazione.

È necessario che l’utente in questione  abbia supporti che lo motivino davanti al bisogno di modificare le sue abitudini, è utile pianificare con l’interessato la effettuazione di esami delle urine, per coinvolgerlo e responsabilizzarlo nel seguire insieme la progressiva eliminazione del principio attivo dall’organismo e misurare cosi  la forza di volontà e la motivazione al distacco della sostanza, riconoscendone i rischi e le conseguenze ad essa legati.

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