Emergenza Covid-19, Centro di solidarietà Il Delfino: "È necessario applicare un senso di giustizia sociale"
di Katya Maugeri - foto di Francesco Aloe
(intervista pubblicata su Sicilia Network: https://www.sicilianetwork.info/emergenza-covid-19-centro-di-solidarieta-il-delfino-e-necessario-applicare-un-senso-di-giustizia-sociale/)
(intervista pubblicata su Sicilia Network: https://www.sicilianetwork.info/emergenza-covid-19-centro-di-solidarieta-il-delfino-e-necessario-applicare-un-senso-di-giustizia-sociale/)
COSENZA – L’emergenza Covid-19, nonostante la fase due, non
si placa. Una lunga quarantena che però qualcosa ha insegnato. Un senso di
responsabilità nei confronti del prossimo, una lente di ingrandimento e una
presa di coscienza maggiore destinata a produrre qualcosa di concreto. Sono cambiate le nostre abitudini, abbiamo imparato a
guardare le cose da prospettive diverse. L’incertezza del futuro, la difficoltà
di gestire le nostre relazioni ha rivoluzionato il nostro modo di vivere e la
capacità di approcciarci al sociale.
«Il virus non è in vacanza. Non dobbiamo quindi smettere di
essere responsabili. È necessario fornire risposte nuove a una situazione
sociale critica. Risposte diversificate ai tanti bisogni che questa crisi ha
amplificato». È quanto dichiara Il presidente del Centro di solidarietà Il
Delfino, Renato Caforio su Sicilia Network, con tono determinato.
Nessuno deve rimane indietro. «Tante condizioni di
povertà sono aumentate e serve lavorare con lo stesso spirito di solidarietà
che abbiamo dimostrato di avere».
Il Delfino da oltre trent’anni eroga servizi socio-sanitari
per persone in difficoltà con la Residenza psichiatrica, la Rems, la Comunità
di recupero per tossicodipendenti e il Servizio centrale del sistema di
protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
Coronavirus e settore
sociale
«Questa crisi si porta dietro due questioni importanti che
si intrecciano: la crisi economica causata dal blocco delle attività e una
crisi sociale, che da questa poi deriva».
Molte persone, infatti, sono costrette a vivere una
condizione di isolamento, di disagio sia economico che sociale. Pensiamo a
coloro che in questa fase hanno avuto difficoltà ad acquistare beni di prima
necessità, alle persone costrette a un isolamento forzato a fronte di una loro
patologica: disturbo psichiatrico, per esempio. Costrette a stare a casa a
causa della chiusura dei servizi pubblici e privati.
«Penso ai tossicodipendenti, ai detenuti, alle persone con
disturbi psichiatrici e a tutta una vasta platea di persone che con
l’isolamento forzato sono state costrette a convivere con un disagio sociale
amplificato, forte e devastante. Noi che abbiamo dovuto chiudere –
continua Caforio – i servizi per tutelare la salute dei nostri ospiti, ci
rendiamo conto che questa fase che si apre richiederà un grande sforzo di
lavoro».
Il Delfino, nei mesi scorsi, ha inaugurato la “Casa di
riposo San Giovanni Battista”, il presidente Caforio sottolinea che «il
virus ha fatto strage soprattutto là dove i servizi, le strutture residenziali
Rsa, non sono stati capaci di tenere distanti i contagi. Noi abbiamo operato
come facciamo sempre: cercando di salvaguardare le persone che accogliamo. La
questione è porre al centro dell’attenzione in tutta l’organizzazione dei
servizi che si rivolgono a persone con fragilità, l’interesse supremo
della loro condizione di salute, del loro benessere sociale e non del profitto. Se
avessimo agito come altri hanno fatto, puntando esclusivamente sull’interesse
economico, avremmo ottenuto risultati disastrosi. Abbiamo applicato dei
protocolli molto rigidi già dal mese di febbraio. La triste realtà delle tante
persone anziane morte nelle case di riposo, ci conferma che la sanità è un bene
pubblico talmente importante che non può essere merce di scambio da un punto di
vista esclusivamente economico».
Storie devastanti di chi è diventato vittima della
mercificazione della propria condizione. Storie di persone fragili che andavano
protette. «Non servono ricette miracolose, ma bisogna applicare un senso di
giustizia sociale che ti porta a dire che le persone fragili devono essere
tutelate».
Salute mentale,
tossicodipendenza e protocolli
Un disagio decisamente amplificato anche per coloro che
soffrono di patologie: un isolamento forzato all’interno di una struttura. La
ricerca costante di un equilibrio effimero.
«Stiamo lavorando a due nuovi protocolli per gli ospiti
della Rems e della Comunità di recupero per tossicodipendenti. Protocolli
che consentano di effettuare delle visite domiciliari e di beneficiare dei
permessi per le visite all’interno delle strutture, in sicurezza. Non è
possibile sottrarre, alle persone che hanno già una fragilità mentale, il
contatto con i loro cari. I protocolli prevedono dei nuovi ingressi, ovvero la
possibilità a chi fino a oggi non è potuto entrare nei nostri servizi, di
effettuarli in sicurezza. Un lavoro di responsabilità che faremo in
strettissima sinergia con il servizio pubblico: il Serd, magistrati e i centri
di salute mentale».
Migranti
Sospese anche le attività di integrazione nel tessuto
sociale del Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e
rifugiati. Anche i giovani dello Sprar si sono ritrovati a vivere questo
distanziamento sociale. Molti di loro sono volenterosi, hanno progetti e
sogni da realizzare. «Servirebbe regolarizzare molti di loro, che adesso
sono dei clandestini, perché potrebbero contribuire con il lavoro a risollevare
settori della nostra economia. Molti settori hanno difficoltà a trovare
manodopera e loro potrebbero garantirla, favorendo così delle attività
lavorative regolari».
Povertà
L’Italia possiede un formidabile tessuto di molte realtà
no-profit. Tante organizzazioni del terzo settore che hanno dimostrato, in
maniera silenziosa, di rispondere ai bisogni sociali.
«Le numerose difficoltà economiche che si presenteranno
potranno essere mitigate attraverso le esperienze di servizio sociale, anche di
prossimità. Competenze che possono essere messe in campo non solo per
alleviare una grande sofferenza, ma per creare una spinta verso il futuro,
affinché la gente si riattivi, prenda possesso nuovamente della propria vita.
Si senta, così, parte di un processo sociale utile per “ricostruire” il Paese».
Gli organismi del terzo settore possono offrire un prezioso
stimolo all’entusiasmo, all’altruismo, alla generosità attraverso le numerose
competenze, garantendo risposte ai tanti disagi.
«Pensiamo alla consulenza psicologica effettuata durante
questa emergenza anche solo tramite Skype, i social. Nonostante il distanziamento
sociale, questo grande tessuto può fornire uno stimolo ulteriore per uscire da
questa crisi, anche in molto concreto, pratico».
Medicina territoriale
e welfare in prossimità
Servirebbero delle politiche mirate per un welfare che sia
più di prossimità, che dia risposte più vicine ai cittadini.
«Abbiamo dovuto gestire questa emergenza facendo affidamento
soprattutto alle aziende ospedaliere. Ma ci sono stati altri momenti della
nostra storia, in cui per far fronte alle emergenze sanitarie ha funzionato molto
di più la medicina territoriale. Era capace di intervenire proprio nei luoghi
in cui l’epidemia si sviluppava quindi nei borghi, nei paesi, nelle campagne.
Intervenire con i medici per curare e prevenire. Servirebbe potenziare
questo tipo di politiche sul territorio, nella comunità, anziché partire dalle
strutture che arrivano quando il danno si è conclamato. Dovremmo partire dal
dato sociale, dal contesto sociale in cui si manifesta l’emergenza per poter
intervenire.
Utilizzando il mix tra il terzo settore e lo Stato, con
tutti i servizi pubblici, possiamo decisamente migliorare la qualità della
vita. Si tratta di uno sforzo corale: unire le visioni. La visone sociale del
terzo settore e la visione del bene pubblico che ha lo Stato. Con la loro
unione è possibile risollevare le sorti delle persone, seguirle, accudirle,
accoglierle».
Le attività sociali del Centro Il Delfino non si sono mai
fermate, quelle progettuali riprenderanno presto con gradualità e
responsabilità.
«Vogliamo lavorare per proseguire nel nostro impegno
quotidiano, fornire risposte ai bisogni che sono presenti. Si tratta di
fragilità che necessitano di risposte. Continueremo a lavorare sempre in questa
direzione e fornire questo tipo di servizio alle persone».
Commenti
Posta un commento