Affetto: tra tossicodipendenza e sindrome di Stoccolma

di Andrea Bruzzi 

Le "porte girevoli" di una comunità di recupero rappresentano, per qualsiasi individuo dei varchi, un crocevia di scelte ed opportunità, ed allo stesso tempo possono rappresentare la più grande manifestazione di staticità o, al contrario, di dinamismo.

Questo input però, non è esclusivo dei soli fruitori del servizio, gli utenti ,ma afferisce anche alla cerchia di chi varca le porte con degli orari, i quali orari determinano e scandiscono diversamente la qualità del tempo all'interno. Quando esistono, o sono mentali, confini tali da rendere una relazione utente/operatore fredda e statica, raramente può subentrare l'elemento affettivo di cui parlavo nella presentazione di queste righe.

Al contrario succede che spesso, al cospetto di una grande empatia, si stabilisce qualcosa che può rappresentare il bene come il male. Il concetto di affetto che vorrei esprimere, però, non è romantico o platonico. Nel campo della tossicodipendenza esso può avere mille luci e tante ombre. Per chi svolge un lavoro a contatto con tossicodipendenti, succede a volte di creare con l'utente un rapporto lavorativo certo, ma umano, maledettamente umano.

Dal quale non si può scappare, non lo si può negare e soprattutto che fa scaturire responsabilità che hanno a volte le sfaccettature genitoriali, altre quelle relazionali/amicali. Bisogna capire sempre come impostare un limite, ed essere coerenti e onesti nella relazione. 

Siamo in un periodo storico dove il fruitore di un servizio spesso preferisce una struttura piuttosto che un’altra, solo perché ha un legame emotivo con gli operatori: "c'è tizio, conosco caio che ci lavora ancora". La fiducia, sapere come e cosa aspettarsi, gioca un ruolo fondamentale nella scelta della struttura, molto spesso più delle reali possibilità di avere risultati. Inoltre, l'afflusso di gran parte degli utenti, risulta essere di fascia cronica: coloro che hanno fatto scelte sbagliate al tempo, che oggi trascinano un carceriere che forse amano ancora. La sindrome di Stoccolma mi ha sempre affascinato, perché rappresenta tutto e niente del legame affettivo. La storia è piena di esempi, dal Belgio alla Francia, agli Stati Uniti.

Ma quello che lega il tossicodipendente alla sostanza, in questi casi, è l'esempio più forte di dipendenza. "Fa male, ma piace".

Nasce un rapporto conflittuale, con alti e bassi, che dura tantissimo: la costante della vita. Innamorati di un carceriere che per tanto tempo è stato l'unica voce in capitolo. L'amante che non vuoi perdere, che odi magari ,ma con il quale sei entrato in contatto. 

L'affetto, per concludere, è in ogni ambito un elemento che può essere chiave universale per uscire dalle porte girevoli, oppure può interromperne il meccanismo. 

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