Affetto: tra tossicodipendenza e sindrome di Stoccolma
Le "porte
girevoli" di una comunità di recupero rappresentano, per qualsiasi
individuo dei varchi, un crocevia di scelte ed opportunità, ed allo stesso tempo
possono rappresentare la più grande manifestazione di staticità o, al
contrario, di dinamismo.
Questo input però, non è
esclusivo dei soli fruitori del servizio, gli utenti ,ma afferisce anche alla
cerchia di chi varca le porte con degli orari, i quali orari determinano e
scandiscono diversamente la qualità del tempo all'interno. Quando esistono, o
sono mentali, confini tali da rendere una relazione utente/operatore fredda e
statica, raramente può subentrare l'elemento affettivo di cui parlavo nella
presentazione di queste righe.
Al contrario succede che
spesso, al cospetto di una grande empatia, si stabilisce qualcosa che può
rappresentare il bene come il male. Il concetto di affetto che vorrei
esprimere, però, non è romantico o platonico. Nel campo della tossicodipendenza
esso può avere mille luci e tante ombre. Per chi svolge un lavoro a contatto
con tossicodipendenti, succede a volte di creare con l'utente un rapporto
lavorativo certo, ma umano, maledettamente umano.
Dal quale non si può scappare, non lo si può negare e soprattutto che fa scaturire responsabilità che hanno a volte le sfaccettature genitoriali, altre quelle relazionali/amicali. Bisogna capire sempre come impostare un limite, ed essere coerenti e onesti nella relazione.
Siamo in un periodo storico dove il fruitore
di un servizio spesso preferisce una struttura piuttosto che un’altra, solo
perché ha un legame emotivo con gli operatori: "c'è tizio, conosco caio
che ci lavora ancora". La fiducia, sapere come e cosa aspettarsi, gioca un
ruolo fondamentale nella scelta della struttura, molto spesso più delle reali
possibilità di avere risultati. Inoltre, l'afflusso di gran parte degli utenti,
risulta essere di fascia cronica: coloro che hanno fatto scelte sbagliate al
tempo, che oggi trascinano un carceriere che forse amano ancora. La sindrome di
Stoccolma mi ha sempre affascinato, perché rappresenta tutto e niente del
legame affettivo. La storia è piena di esempi, dal Belgio alla Francia, agli Stati Uniti.
Ma quello che lega il
tossicodipendente alla sostanza, in questi casi, è l'esempio più forte di
dipendenza. "Fa male, ma piace".
Nasce un rapporto conflittuale, con alti e bassi, che dura tantissimo: la costante della vita. Innamorati di un carceriere che per tanto tempo è stato l'unica voce in capitolo. L'amante che non vuoi perdere, che odi magari ,ma con il quale sei entrato in contatto.
L'affetto, per concludere, è in ogni ambito un elemento
che può essere chiave universale per uscire dalle porte girevoli, oppure può
interromperne il meccanismo.
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