Tossicodipendenza e detenzione, dal carcere alla comunità di recupero. Un percorso lontano dalla dipendenza e verso la società
di Katya Maugeri pubblicato sul portale Scelgo la Vita
La
realtà carceraria racchiude storie complesse, diverse, piene di dolore e di
scelte sbagliate. Alcune caratterizzate da disagi, abbandoni, traumi, altre da
scelte volontarie, strade buie intraprese consapevoli del rischio. Gesti che
raccontano una rivalsa sociale o semplicemente il disinteresse nel voler
trovare strade alternative.
Una percentuale, quella che raggiunge quasi il cinquanta per cento è quella dei detenuti tossicodipendenti, una realtà a sé stante all’interno dell’universo penitenziario del nostro Paese. La pena detentiva per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza, dovrebbe essere scontata in “istituti idonei per lo svolgimento di programmi terapeutici e socio-riabilitativi”. Le comunità terapeutiche nelle quali vengono accolti con misure alternative al carcere detenuti tossicodipendenti puntano sulla rieducazione fuori dalle sbarre, umanizzando la pena, migliorando così, le condizioni di persone che si trovano in difficoltà proponendo una alternativa alla cella, offrendo la miglior cura possibile con la prospettiva di un reale inserimento socio lavorativo.
È
necessario, pertanto, credere nelle risorse dell’uomo spostando l’attenzione
dalla droga alla persona: valorizzandola e offrendole delle nuove possibilità.
Accompagnandola, attraverso dei percorsi mirati e personalizzati, verso un
cambiamento e un sano reinserimento nella società.
L’uso
e l’abuso di droghe induce spesso a delinquere, ricavare in maniera facile e
immediata il denaro per potersi garantire la dose quotidiana spinge moltissimi
giovani verso un tunnel più grande di loro: lo spaccio, le rapine, la violenza,
annebbiati dagli effetti di sostanze che giorno dopo giorno divorano la loro
vita.
Nicola Gratteri,
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro dopo la fine
della conferenza di presentazione del portale Scelgo la Vita, qualche settimana
fa ha dichiarato che ci sono migliaia di ragazzi che «sono detenuti a causa di
reati legati alla tossicodipendenza. Quei ragazzi la sera stessa che escono dal
carcere vanno a commettere un reato per farsi di droghe come cocaina, eroina o
crack. Noi invece con questi ragazzi non dobbiamo perdere tempo perché in quel
caso i carceri sono solo dei contenitori. Noi con il metadone non risolviamo il
problema, ma dobbiamo portare questi ragazzi nelle comunità terapeutiche, anche
perché ci costano di meno. Un detenuto in carcere costa mediamente 200 euro
mentre in una comunità terapeutica da 50 a 80 euro. Così non solo risparmiamo,
ma tra quelle persone qualcuno magari scappa, ma altri riusciamo a salvarli e
quando ci riusciamo non abbiamo salvato solo i ragazzi ma anche le famiglie,
perché la tossicodipendenza non è un problema legato solo ai ragazzi ma è un
problema di tutte le famiglie. E allora che senso ha tenerli in carcere?
Risolveremmo anche il problema del sovraffollamento. Lo stesso discorso vale
per i malati di mente che devono essere curati, basta assumere gli psichiatri,
ristrutturare le caserme chiuse che le troviamo pure nel centro di Roma».
Un
punto dal quale partire: la comunità come luogo di cura non solo fisica, ma
emotiva e psicologica. Un punto di partenza per ogni ragazzo che vuole
riscattare i propri errori e desidera scoprire un’alternativa valida alla vita
vissuta fino a quel momento.
Le
loro leggi, spesso, sono quelle della strada che secondo il loro punto di vista
può garantire certamente la libertà e il rispetto, ma sappiamo bene che non è
così. All’interno delle comunità, attraverso dei percorsi specializzati il
tossicodipendente potrà spogliarsi da questi stigma per abbracciare la
possibilità di risanare quelle fratture, quei traumi, quelle carenze di affetto
e di punti di riferimento che lo hanno lasciato vagare all’interno di un
tunnel. Quello della dipendenza. Percorsi a dimensione della persona con il
supporto di una equipe specializzata in grado di sostenere ogni fragilità.
La
comunità rappresenta una detenzione alternativa per realizzare un nuovo
contenitore, ovvero costruire giorno dopo giorno una vita con delle regole, con
dei margini da rispettare. Ogni detenuto proviene da una vita senza regole, senza
confini, e tende molto spesso a delegare i propri bisogni. È importante, quindi,
insegnare il concetto di responsabilità, la cura di se stessi, lavorando su
nuove relazioni sane. I piani giornalieri che vengono applicati nelle comunità prevedono
attività culturali, terapie di gruppo, attività sanitarie, pulizie
dell’ambiente in cui vivono, tutto quello che caratterizza una quotidianità
serena, una rieducazione umana nel rispetto dei luoghi da condividere con gli
altri compagni: il giardino da coltivare, un forno da utilizzare per preparare
delle pizze, quell’aria di libertà che serve per ossigenare la loro anima e
depurarla dal marcio.
C’è
l’uomo su tutto, la persona, l’umanità sopra ogni cosa: è questo l’elemento
cardine di ogni percorso. Chiaramente il recupero del tossicodipendente autore
di reati è proposto come alternativa alla classica detenzione, ma rimane pur
sempre una sanzione da vivere come tale, con impegno e con la consapevolezza
dei propri sbagli. Ma la speranza è intrisa di umanità, È necessario accogliere
i detenuti umanamente aiutandoli a ritrovare ciò che durante la dipendenza
hanno perso: la loro persona, i loro obiettivi e la speranza di un futuro
migliore.
(https://www.scelgolavita.it/un-contributo-sul-tema-dei-detenuti-tossicodipendenti-e-la-comunita-terapeutica-del-centro-di-solidarieta-il-delfino/)
Commenti
Posta un commento