“Caro diario", il miscuglio disordinato delle emozioni




di Katya Maugeri

Iniziava così il nostro percorso interiore, con quel “Caro diario”.
Molti anni fa, quando i social network non avevano invaso le nostre abitudini e limitato le nostre emozioni, la nostra identità. Per generazioni, le pagine di diario hanno avuto un ruolo rilevante nella vita degli adolescenti: erano custodi di emozioni, di sentimenti, di frustrazioni, dubbi amletici, custodi di attimi che, attraverso la scrittura, diventavano memoria dall'odore di inchiostro. Il caro vecchio diario con il lucchetto, il nostro amato “diario segreto”, il depositario intimo e sicuro dei pensieri, quando le riflessioni, le emozioni avevano un valore inestimabile, quando era severamente vietato “denudare” la propria anima, quando i disagi e i primi amori erano segreti da tutelare senza alcuna ostentazione.La chiave – ben nascosta – dava accesso a un mondo che custodivamo gelosamente, un altrove in cui soffermarsi e affidare la nostra parte più vera. Tra sogni e poesie, le pagine bianche erano impreziosite da parole. Perché a salvarci, molto spesso erano le parole. Un miscuglio disordinato di emozioni, un percorso che raccontava l'evoluzione del nostro cambiamento. Inevitabile e a volte necessario. Perché la scrittura diventa lo strumento adatto per purificarsi e cambiare pelle. Episodi apparentemente privi di significato, ma non erano le scene in sé a rendere speciale la nostra pagina di diario, era l’autenticità con la quale cercavamo le parole adatte per descrivere un minuscolo dettaglio, la visione da una prospettiva sconosciuta ad altri; spesso si concludeva con l’elenco di buoni e nuovi propositi da realizzare, consapevoli dei limiti, ma riuscire a trascriverli era già un piccolo traguardo! Si scriveva per se stessi, non per esibire le proprie emozioni rendendole più “appetibili”. Quelle pagine erano lo strumento di creatività, lo specchio in cui ci si poteva leggere per comprendere e conoscersi fino in fondo. 
Mi domando se gli adolescenti di oggi avvertano la necessità di scrivere e leggere di sé, in maniera limpida, autentica, senza filtri. L’intimità, ai tempi di Facebook, lascia il posto all’esibizionismo: vediamo esibire sentimenti, momenti intimi di vita quotidiana, abusiamo di uno strumento per ostentare la caricatura di noi stessi, la mancanza d’intimità toglie spessore alle nostre emozioni, rendendole aride. Il diario segreto era il contenitore di emozioni in cui il conflitto interiore, la voglia di ribellarsi, la fretta di crescere e il rifiuto di omologazione costituivano un vero e proprio confronto con le proprie emozioni, scrivendo riuscivamo a distinguere, a comprendere ad analizzare stati d’animo apparentemente incomprensibili riuscendo a comunicare con la nostra identità. 
Quella autentica, non artefatta. L’elemento privacy era il patto da mantenere, guai a profanare questo segreto. Adesso, l’autenticità sembra vagare in un bisogno parallelo di confrontarsi dimostrando solo quello che la televisione vuole, o i falsi idoli impongono, non cerchiamo più nessuno spazio segreto, non difendiamo la legittimità di "Essere". Intorno, solo persone “permeabili”che assorbono personalità altrui confondendoli con la propria. Basterebbero dei fogli bianchi, o una piattaforma "sana" per condividere e raccontare quello che siamo stati e cosa stiamo diventando: persone che, attraverso la scrittura, hanno intrapreso un percorso fatto di parole e di introspezione.


Le parole che rappresentano la nostra essenza, diventando un rifugio, capace di tutelarci da chi con parole crudeli voleva annientarci.

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