Addiction news, parola agli esperti: la depressione non è "un male immaginario"




di Nunziante Rosania

psichiatra, psicoterapeuta e criminologo, ex direttore dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto

Mi pare opportuno (anzi in qualche modo doveroso) che, utilizzando lo strumento del "social", io indossi, almeno qualche volta, il camice del medico-psichiatra per dare risposta, sia pure sommaria, a domande che in occasioni di natura dialogica mi vengono rivolte con crescente, ed in qualche misura preoccupante, frequenza.
L'argomento è costituito da una condizione psicologica che sempre più di sovente, nell'attuale fase storico-sociale, assume carattere di una sindrome clinica conclamata di pertinenza psichiatrica: la "depressione". Va subito chiarito che la depressione, allorquando sia stata correttamente diagnosticata come tale, non va considerata come "un male immaginario": una sorta di castigo divino per colui che ne soffre o una condizione dovuta a colpe personali o, ancora, ad una particolare debolezza di carattere! E non va neppure considerato uno stato d'animo che si possa superare da soli con un semplice sforzo di volontà.
Si tratta, invece, di un disturbo serio e frequente. Anzi siamo di fronte al disturbo psicologico che causa la più diffusa sofferenza e la maggior causa di invalidità nella popolazione dei Paesi occidentali. Una condizione per la quale chi ne soffre tende, come purtroppo spesso accade, a provare vergogna per il timore dello "stigma sociale" che ancora oggi essa (condizione) potrebbe comportare.

Da numerose indagini epidemiologiche risulta che circa il 15% della popolazione accusa almeno un importante episodio di depressione nel corso della sua esistenza (1 donna su 4 ed 1 uomo su 8),
Non solo,il susseguirsi di più episodi di depressione prelude spesso al sopraggiungerne di nuovi quando non si ricorra tempestivamente a terapie specifiche (in genere assai efficaci!) capaci di curare la crisi depressiva e di prevenirne le recidive tenendo conto che circa il 50% dei pazienti dopo aver avuto un primo episodio del disturbo ne ha un secondo. E dopo 3 episodi la forma depressiva "classica" fa registrare addirittura il 90% di probabilità di ripresentarsi una quarta volta.

La depressione si manifesta apertamente soprattutto fra i 20 ed i 50 anni, ma non è rara anche tra i 15 ed i 19 anni. La fascia d'eta più colpita in assoluto, con una notevole prevalenza nel sesso femminile, è quella compresa tra i 35 ed i 45 anni. Dopo i 60 anni è meno frequente ma le conseguenze possono essere più gravi. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità avendo a riferimento l'intero novero dei disturbi e delle malattie che affliggono l'uomo moderno la sindrome depressiva (soprattutto nella forma cosiddetta "maggiore" o endogena, la quale in genere non riconosce cause esterne ma trae alimento da un habitus genetico predisposto) si colloca, per frequenza ed ordine di importanza, al quarto posto. Se non verrà contrastata efficacemente salirà, entro il 2020, al secondo posto, subito dopo le malattie del miocardio. Essa, inoltre, comporta, come è facile intuire, notevolissime spese sanitarie non solo relative al suo specifico trattamento psichiatrico, ma anche in relazione al fatto che le persone depresse ricorrono assai più spesso della restante popolazione ai servizi sanitari lamentando disturbi fisici che, però, non risultano attribuibili a cause organiche clinicamente obiettivabili.

A ciò si aggiunga la perdita di produttività, sia per le assenze dal lavoro che per il ridotto rendimento. È di tutta evidenza come il fenomeno vada adeguatamente attenzionato da parte dei presidi sanitari presenti sui territori evitando sottovalutazioni, "agganciando" i soggetti a rischio, implementando strategie di cura precoci avendo conto delle fasi acute ma anche della necessità di prevenire, su tempi più lunghi, le recidive e le possibili (soprattutto nei maschi, giovani ed anziani) derive suicidarie.
Le strategie di cura devono, necessariamente, annoverare protocolli farmacologici (gli antidepressivi di ultima generazione e gli stabilizzanti umorali si sono rivelati assai maneggevoli: efficaci e con rari effetti collaterali) e percorsi psicoterapici, soprattutto ad impostazione cognitivo-comportamentale. Importante è, altresì, il recupero graduale (direi " fatto con delicatezza"!) di uno stile di vita che ripristini valide (ma mai imposte dagli altri!) strategie relazionali e (sempre con la necessaria gradualità) apprezzabili abilità motorie e creative.

Insomma: il "mal di vivere", il "male oscuro", può e deve, oggi più che mai, essere affrontato e curato, con coraggio e perseveranza, fino a guarirne.


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