Le ragazze che si tagliano
di Furio Ravera (Cultura Emotiva)
C’è qualcosa di oscuro ed al contempo eloquente nelle condotte
autolesive delle adolescenti (troviamo più frequentemente questo
comportamento nelle giovani ragazze). In alcuni casi, i più frequenti, si trova una relazione con
molestie gravi o abusi subiti nel corso dell’infanzia e questo bisogno di
ferire il corpo sembra testimoniare e far rivivere un bisogno di controllo del
dolore sul corpo, mentre si attiva uno stato dissociativo, in cui nulla si
sente e nulla si pensa.
In questi casi si potrebbe dire che il trauma viene
rivissuto nella parte che è stata sperimentata come difesa, l’allontanamento
emotivo da ciò che accade al corpo è accompagnato da un offuscamento dello
stato della coscienza, una sorta di condizione crepuscolare dell’io, inteso
come luce della coscienza che si attenua, per meno percepire e meno attribuire
a sé ciò che accade.
Si tratta di casi nei quali, dopo un paziente lavoro
esplorativo, è possibile rintracciare la presenza, nell’infanzia, di un evento
traumatico, un abuso, una violenza come sopra accennavo.
Le cose si fanno complicate, in un certo senso misteriose,
quando l’anamnesi, dopo accurati riscontri, risulta negativa per traumi e
abusi. Si deve considerare un’altra ipotesi.
Si tratta di pazienti che non hanno trovato nelle figure di
attaccamento il minimo di comprensione empatica  e le cui esperienze fatte
di percezioni e sensazioni elementari non sono state  accolte ed elaborate
di quel tanto da poter divenire pensieri. Non si può non pensare alla funzione alfa descritta da Bion.
Si deve pensare perciò alla possibilità che in alcuni bambini, per via della
natura deficitaria della madre, o comunque di chi esercitava questo ruolo, sia
mancata questa funzione e la crescita sia stata accompagnata ad un accumulo di
elementi beta.
Bion affermava che i protopensieri, gli elementi beta, sono
oggetti cattivi di cui è necessario liberarsi (tra i modi escogitati per
liberarsi degli elementi beta includerei anche il vomito). Si tratta di
sensazioni presimboliche e viscerali che possono trovare un contenitore, un
luogo nella mente, una spiegazione se la madre è in grado di accoglierli,
“digerirli” e trasformarli in ciò che può essere pensato. In caso contrario questi elementi beta produrranno
condizioni emotive disfunzionali e condotte di espulsione. Immaginiamo di essere aggrediti da sensazioni corporee e da
stati della mente indifferenziati che suscitino allarme, smarrimento,
incapacità di comprendere ciò che sta accadendo, come un morbo sconosciuto. La
mente sarà dominata dal bisogno di “fare”qualcosa (perché i pensieri utili non
ci sono). La prima cosa che viene in mente quando siamo in uno stato di
disagio è fare qualcosa.
Se gli stimoli disturbanti non hanno luogo, forma e
significato occorre fare qualcosa per rimediare a questi stati di
indifferenziazione. Ed ecco il taglio sul braccio che si presenta come rimedio. Il dolore si concentra lì, c’è un luogo per la sensazione ed
un’azione che la spiega, il taglio. Cala l’allarme, l’attenzione si ottenebra,
per un breve momento c’è la pace. La memoria registra tutto per preparare la
ripetizione del gesto. È il caso di una giovane adolescente sofferente di un’ansia
cronica, “da sempre” dice lei. Non sa dare alcuna spiegazione. Dotata di una
buona intelligenza, pratica con successo vari sport, buon profitto scolastico
senza grande sforzo, nessuna cattiva abitudine, mai usato alcol o droghe. Quando si parla con lei e si cerca di esplorare il suo mondo
interno non si trova altro che ansia e depressione. In lei non c’è alcuna
spiegazione. Ciò che ha attirato di più la mia curiosità è stata
l’affermazione che l’impulso a tagliarsi può sopravvenire anche quando è
tranquilla, “per stare meglio ancora, per ottenere quello stato che ottiene
quando si taglia”.
Qui si profila una sorta di dipendenza da uno “stato” che in
qualche modo ricorda la condizione che i tossicodipendenti cercano di ottenere
con le droghe. In tal caso si apre l’eventualità di considerare la
possibile efficacia del protocollo Miller dell’EMDR impiegato per il
trattamento delle tossicodipendenze. Si potrebbe dire che ad un certo livello di profondità un
disagio senza nome, senza sede precisa, asimbolico, accomuni le ragazze che
diventano dipendenti, senza uno stimolo evidente, dal fatto di tagliarsi. È il livello che la Bucci ha descritto come extraverbale e
subsimbolico, che Bion descrive come elementi beta capaci, per tale loro
natura, di produrre un disagio inafferrabile e non descrivibile, non pensabile. Mi viene in mente che all’epoca in cui i pazienti poco
capivano del male che li affliggeva e analogamente poco capivano i medici, data
la scarsità di conoscenze sia del corpo umano che delle scienze che potessero
spiegarne il funzionamento, spesso praticavano un salasso al paziente che
consisteva nel fare un taglio su un braccio per far fuoriuscire insieme al
sangue gli umori “cattivi” che conteneva e che venivano considerati causa del
male, pur non avendo una definizione.
Chissà che non sia stato scoperto per caso che molti mali privi
di luogo e nome trovassero nel salasso una temporanea collocazione consolatoria
analoga a quella delle moderne autolesioniste? Il fallimento della funzione materna in quello specifico
accoglimento dei segnali del bambino afflitto da sensazioni incomprensibili (elementi
beta) lascia il bambino stesso in balia di questi stimoli finché,
crescendo, non trova un pseudorimedio(autolesionismo, droga, vomito). Tali madri che falliscono in questa funzione non sono madri
“cattive”, sono spesso esse stesse il frutto di unanalogo disagio, persone che
hanno scarsa confidenza con le proprie ed altrui emozioni e che vivono il
disagio del bambino come qualcosa cui provvedere praticamente senza prima
capire. Sono madri che si affidano ad un manuale di puericultura
convinte di non trovare una propria strada ed un proprio linguaggio per i
bisogni del bambino, sottostimandosi e sottraendosi dal gioco della relazione
che forma la mente di quest’ultimo. Il lavoro clinico con queste pazienti è molto complicato e
lento.
Si potrebbe dire che tutto ciò che la paziente sa di sé e di
cui potrebbe informare il curante non serve alla cura, mentre è necessario
andare a cercare quei segnali aspecifici che costituiscono l’insieme del
disagio che spinge all’attuazione di comportamenti di espulsione. Per far fronte a questa problematica abbiamo messo in campo
tre dispositivi: EMDR, DBT, Mindfulness.
Come prima si è detto l’EMDR è
funzionale per rimuovere eventuali memorie traumatiche anche qualora non
risultassero dominanti nella produzione del sintomo, ma soprattutto risulta
utile impiegare un protocollo, quello di Miller, che contrasti la ricerca dello
”stato” che le pazienti sperano di ottenere tagliandosi. Tale protocollo si basa sulla Feeling-state theory che
pone l’accento sul ricordo di una condizione emotiva piacevole generata da un
dato comportamento. Tale ricordo sarebbe alla base della ricerca della
ripetizione del gesto. Qui siamo a valle rispetto al disagio, desensibilizzando ed
attenuando il premio della condotta spinta dal disagio conteniamo il sintomo,
ma il lavoro deve continuare perché gli elementi beta rimangano. Tuttavia, il
contenimento del sintomo può consentire una più efficace attività esplorativa
anche da parte del paziente.
Per tale motivo entra in gioco la DBT che ha lo scopo
di fornire al paziente delle nuove risorse cognitive, di conoscenza e controllo
delle emozioni. Il paziente acquista una maggiore competenza nell’osservarsi
e descriversi contribuendo ad un lavoro clinico più efficace. Si potrebbe dire
che si aiuta il paziente a formarsi una mentalità psicologica. La Mindfulness completa
questo lavoro consentendo al paziente di sperimentare un rapporto diverso con
il corpo e le sue sensazioni, con i pensieri che possono essere osservati senza
farli diventare i nostri padroni. È un grande passo in avanti fare l’esperienza di osservare i
propri pensieri ponendo fra noi e loro una distanza, ancorché piccola. Si apre
un grande spazio per la mente.
Una ragazza che si taglia non sa nulla di questo, ma ha
bisogno di tutto questo.

 
 
 
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