L'umiltà e il coraggio di affidarsi


di Alfredo Fiume

Credo che sia insito nella natura umana il pensiero che tutti siano in grado di agire allo stesso modo di come agiamo noi stessi. Faccio un esempio: se io faccio una cosa brutta come rubare o tradire, sono portato a credere che anche le persone che mi circondano siano in grado di farlo. Questo lo dico perché a volte mi soffermo a riflettere sulla fiducia. Questa cosa così difficile da ottenere e da concedere. Nei miei trascorsi di vita da tossicodipendente mi sono trovato a tradire la fiducia a chiunque abbia avuto la leggerezza di donarmela senza realmente conoscermi. È vero che i miei comportamenti erano soggetti a cause di forza maggiore, ma non per questo sono giustificabili. Tuttavia sono comportamenti che si possono riscattare riuscendo a dimostrare che un reale e concreto cambiamento ci sia stato o perlomeno una volontà sincera per raggiungerlo. Il vero problema nasce dal fatto che essere una persona inaffidabile porta come conseguenza il non fidarti a tua volta del prossimo. Un po’ come quando il cane si morde la coda. Ma come si fa a costruire rapporti umani, degni di essere chiamati così, se non si riesce a fidarsi. Spesso mi sento dire “fidati” oppure ancora più impegnativo “affidati”. È una parola! Sembra facile ma non lo è affatto. Vorrebbe dire fidarsi del prossimo nonostante le fregature continue dettate dall'egoismo che ci circonda, dai rapporti basati solo per scopi e interessi secondari e non sulla trasmissione reciproca di calore umano, sulla comprensione e la vera condivisione.
La soluzione dovrebbe essere capire che ragionando sempre e solo con la propria testa ci si è ritrovati troppe volte ad affrontare situazioni più grandi di noi e forse è il caso di ammettere umilmente che ci può essere qualcuno che può indicarci qualche altra via da prendere in considerazione. Ma qui andiamo a toccare un altro tasto molto delicato: l'umiltà!

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