“Minestra maritata” le gocce di saggezza paesana di Carla Curcio


di Salvatore Monaco

"Coltivate la speranza,
rafforzate la volontà,
amate la vita che è bella"
Carla Curcio, 11/04/2019

Questa è la bellissima dedica  di Carla Curcio, ex insegnante  di scuole elementari della provincia di Cosenza, autografata sulla prima pagina del suo libro di raccolte di poesie in vernacolo, regalatoci in comunità in occasione della presentazione del libro di Monica Capizzano, "C'è mia nonna su facebook”, presso la comunità Eden, in cui la simpaticissima Carla ha interpretato il ruolo di nonna nel divertente scambio di battute con la Capizzano.  

Il libro, intitolato “Minestra maritata” della Luigi Pellegrini Editore, è una divertente raccolta di poesie divise in tre parti, come riportato nel retro di copertina:
1. “ La vita racconta” contiene suggerimenti e consigli che derivano dall’esperienza di vita vissuta;             
2. “ Concetti” è ciò che l’autrice pensa riguardo a particolari argomenti; 
3.“Epistolario”, scritto all’inizio degli anni '60, è l’insieme di lettere che una donna invia al marito raccontando alcuni episodi della vita del vicino di casa, sorta di “Jugale”, ossia un ragazzo un po' tonto, che crede in tutto quello che gli si dice,  caratteristico di molti  racconti della  cultura calabrese e siciliana, probabilmente   di derivazione araba (Djehà).

Riproporremo sotto, la poesia  “A cavulu jurutu”, tratto dalla prima parte del libro, “La vita racconta”, invitando tutti a leggere tutto il resto,  davvero molto bello.

La vita racconta

A cavulu jurutu….  (a cavolo fiorito)
Assu munnu ce su persune ngrate  (in questo mondo ci sono persone ingrate)
Chi, si de cose tu lli nn’hai acchianate, (che se di cose tu gliele hai fatte)
nun lu sannu capire, sunnu senza (non lo sanno capire, sono senza)
‘nu pocu pocu de ricunuscenza.  (un poco di riconoscenza)
E si puru tu aiutu li nne dai,  (e se pure tu aiuto glielo dai)
nun te dicianu grazzie propriu mai.  (non ti dicono grazie proprio mai)
‘Nu dittu anticu dicia” A cavulu jurutu  (un detto antico diceva “a cavolo fiorito)
Chillu chi cce fai fai c’è perdutu”. (quello che gli fai fai è perso)

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