Un gradito Balocco


di Salvatore Monaco

Sarà stato più o meno nel 2013, come psicologo effettuavo alcuni accessi presso un centro di riabilitazione psicomotoria a Rogliano, paese in cui abito. Seguivo un paziente con esiti da ictus  che negli obiettivi del progetto terapeutico doveva lavorare sugli aspetti cognitivi, fortemente compromessi dalla patologia che lo aveva devastato qualche mese prima. 
Era una persona molto sensibile, lo si capiva da tante cose, dal suo imbarazzo nel non poter parlare più come parlava prima della malattia e soprattutto dalla mano destra che aveva perso forza e tono muscolare. Spesso piangeva durante i vari esercizi che gli facevo fare, si commuoveva pensando al periodo in cui era sano e si occupava di tante cose, ma anche quando piangeva di gioia davanti ad un esercizio fatto bene dopo che gli facevo i complimenti. Lo facevo lavorare col computer e con l'apposito mouse e tastiera, riusciva a lavorare sulla riabilitazione della logica, memoria e linguaggio semantico. Un giorno venne al nostro solito appuntamento settimanale con un fagotto. Incuriosito gli chiesi cosa avesse in quel pacchetto e lui orgoglioso tirò fuori un gioco meccanico che aveva costruito lui qualche anno prima. 
Era fatto di materiale povero, legno, canne ed elastico di gomma e spago. Assemblati sapientemente, riproducevano un ginnasta sulle parallele che volteggiava ad ogni movimento della mano tra il manico e l'elastico. Mi raccontò che da bambino costruiva da solo questi giocattoli meccanici  con cui passava tante ore del giorno. Da adulto aveva ripreso questa passione per far divertire i suoi nipotini. Gli mancava molto il giocare con i suoi nipotini per via della mano offesa e del linguaggio che era diventato quasi incomprensibile. Era però motivato a migliorare perché voleva giocare con i nipoti. Accettai con gioia il suo dono, quel balocco diverso e strano ma bello e pieno di significato.  Lo seguì per qualche altro mese e poi io smisi di lavorare in quel centro. 
Non ho saputo più niente di quel paziente, ma conservo ancora il suo gradito dono, penso ai suoi occhi lucidi di commozione nel raccontare, seppur con evidente difficoltà,  tanti aneddoti e spesso penso alla sua forza e determinazione nel voler  ritornare  a continuare a giocare con i suoi nipoti.
Per me è stata una grande lezione di vita. 


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