Mediazione penale: Quattro “semplici” parole




Le nostre ore di riparazione e di mediazione, oltre che al Delfino, vengono messe in atto anche presso la Casa Circondariale di Paola. Come di consueto, i detenuti ci stavano aspettando nell’aula scolastica, sede degli incontri, dove tutto era già al proprio posto: sedie in cerchio poste lì per ognuno di noi, cerchio che racchiude ogni emozione, ogni vissuto, ogni riflessione.

Il laboratorio svolto questa settimana è stato particolarmente incisivo ed emozionante: si è basato su una preghiera hawaiana, chiamata “Ho’oponopono” che significa “correggere” nell’intento di mettere “le cose al posto giusto”. In origine, secondo la cultura Hawaiana quando una persona della comunità commetteva qualcosa che creava disordine stava esprimendo un’energia mal canalizzata. Si riuniva allora il Consiglio degli Anziani e ogni membro, a turno, praticava Ho’Oponopono di fronte alla persona responsabile del “disordine” e di fronte a tutta la comunità. 
Così da condividere l’accaduto e per riconoscere che ciascuno aveva una parte di responsabilità di quanto accaduto. Oggi questo metodo tradizionale si è evoluto e si è passati da una pratica collettiva ad una pratica personale, grazie all’operato della hawaiana, Morrah Simeona. La pratica dell’Ho’Oponopono consiste nel ripetere 4 parole quando ci si trova in una situazione che non ci piace. 
Partendo da questo, è stato chiesto ai detenuti di elencare queste quattro parole in ordine di importanza per loro, e di scrivere al fianco di ognuna un persona a cui dedicare il termine, con la relativa motivazione. Le quattro parole sono: “Mi dispiace, Perdonami, Grazie, Ti amo”. 
Con queste parole si attivano effetti e reazioni che interagiscono con le situazioni, con le relazioni e con tutti gli esseri che fanno parte della nostra vita. Quattro semplici parole che molti di noi pronunciano tutti i giorni e più volte al giorno. Quattro parole che vengo dedicate regolarmente ad una o più persone della nostra quotidianità. Quattro parole che se pronunciate ci riempiono il cuore e ci fanno stare bene!
Nel sentire pronunciare quelle parole, a primo impatto, sembra semplice quasi banale esprimere ciò che si prova: ma lì per quelle persone esprimere ogni piccola emozione è segno di grande forza, mettersi a nudo senza timori è essere veramente sicuri che lì non ci sia alcuna forma di pregiudizio.Pensare al grado di importanza di queste quattro parole e a chi dedicarle ha richiesto un grande sforzo di riflessione. Ognuno di loro ha sostenuto che avrebbe potuto dedicare questi vocaboli a molte persone. Ma non è stato mai fatto. Così, attraverso il laboratorio, chi più chi meno, ha cercato di esprimere su un foglio di carta i propri sentimenti e le proprie emozioni suscitate dal momento di riflessione. C’è stato chi ha scritto la parola affiancando solo un nome, chi ha cercato in due righe di fornire una motivazione, chi ha scritto tanto. E questo attesta che ogni persona ha un proprio modo di dimostrare i sentimenti.

Da ogni racconto è emerso che molti di loro dedicano queste parole alla propria famiglia, alla madre, alla moglie, ai figli. A coloro che sono stati, sono e saranno sempre presente nella loro vita, nonostante gli errori commessi e nonostante le sofferenze provocate. Perché i detenuti sono consapevoli che chi sta “fuori” soffre il doppio, deve affrontare mille ostacoli, centinaia di chilometri per un incontro, deve subire, in alcuni casi, i pettegolezzi della gente. Riflettere su tutto questo non è affatto semplice; mette in moto una marea di emozioni, di pensieri,  di idee, di paure e timori.  Perché la paura di deludere ancora chi sta fuori ad aspettarli, nonostante tutto, è grande; la paura di non riuscire a riscattarsi è ingombrante da controllare; la paura di restare lontano troppo a lungo dagli affetti familiari, e amicali, rende loro insicuri.

Quello che emerge dai racconti è che è proprio la Famiglia a dare la forza per andare avanti, per affrontare le giornate in quella “cella” fredda, buia e vuota. Per molti di loro questo è stato un primo momento di apertura, di sfogo, di confronto, perché non si erano mai fermati a riflettere e a rivolgere queste quattro semplici parole ad una o più persone della loro vita. 

Sapere di essere ascoltati aiuta ad aprirsi e questo serve a far star bene anima e corpo.

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