Un anno di me
di Antonio DS
Un anno. Oggi 25 giugno è giusto un anno che sono in
comunità e mi sono proposto di voler scrivere qualcosa riguardo a questo
periodo di tempo che è trascorso.
Sicuramente ero più giovane di un anno da quando sono entrato qui, ma di
sicuro, a parte le battute, rifletto su una cosa che mi son sempre detto, ossia
che gioventù a parer mio è sinonimo di ingenuità, comunque sia prendo in
considerazione la maturità che in questo breve tempo sento d'aver
acquisito.
L'esperienza fatta fin'ora qui al Delfino, ho avuto modo di farla mia ed
incamerarla come una delle più significative lezioni di vita che ad un
individuo può ritrovarsi essergli utile nel proprio percorso.
Come ho scritto in un articolo precedente, mi ripeto confermando quanto scritto
tempo fa, quando risposi alla domanda di una ragazza che mi chiedeva se ero
felice.
Davo modo di poter reputare unica quest'occasione qui per poter fare un
tipo di lavoro di introspezione nella mia persona e sicuramente si
ritrova ad essere anche unico questo posto stesso per potermici dedicare,
acquisendo anche una maggiore fiducia in me stesso, riconquistando i valori
della vita e ristabilendomi nelle buone maniere comportamentali, dal modo di
comunicare, finendo ad un equilibrio interiore che ho trovato nella stabilità
dell'umore, cosa che definivo pura fantasia, quando mi davo modo di alterarmi
costantemente quando uscivo da quelle salette delle slot-machine, avendo perso
tutti i denari.
Ho messo su, uno sopra l'altro, un sacco di mattoncini ogni volta c'era
occasione di poter cogliere qualcosa, dai gruppi terapeutici alle
responsabilità che ho portato avanti in struttura, dalle uscite con gli
operatori alle verifiche a casa che chiedevo di poter fare periodicamente, dai
confronti e la gestione nel portare avanti una convivenza con gli altri ospiti
del Delfino, fino al rapporto di fiducia instaurato con il gruppo stesso degli
utenti attraverso l'autoaiuto e il rapporto di fiducia costruito con lo staff,
riguardo a come mi sono portato avanti fin'ora in questo mio percorso.
Per quanto mi riguarda c'è stato da rimboccarsi le maniche per affrontare al
meglio il cambiamento e oggi, in questo preciso momento, mi soffermo a scrivere
due righe riguardo a questo tempo di me trascorso qui, come se fosse e
sicuramente lo è, un tirar la somma oppure tracciare un bilancio di quanto è
stato fatto fino ad ora, proponendomi di fare un reso conto di quanto svolto.
Mi ritorna in mente una strana sensazione che a volte ho avvertito al mattino
al risveglio, ne ho parlato anche con la psicologa che presta servizio qui in
struttura ed è una cosa un po' strana, forse bizzarra, ma che mi lascia
riflettere ulteriormente, come, a volte, m'è capitato al risveglio quando
aprivo gli occhi al mattino, di avvertire una sensazione che provavo da
ragazzo, quando dovevo andare a scuola sapendo che l'insegnante avrebbe fatto
un'interrogazione, una sensazione di angoscia mista ad ansia, come un magone
alla bocca dello stomaco, dove senti comunque di doverti affrontare in una
prova.
Sorrido.
Sorrido e credo che sarà difficile che qualcuno o qualcosa possa portarmi via
questa curvatura all'insù delle labbra che m'è riapparsa sul viso. Avevo
dimenticato cosa si provava a sorridere, avevo dimenticato e perso di vista
parecchie cose di me. Prendere la decisione di volermi chiudere e staccare
dalla società, ritrovarmi qui al Delfino, è risultata essere la scelta più
giusta che avessi potuto fare.
Per tutto ciò comunque ringrazio tutte le persone che ho
conosciuto in questo periodo, da quelli che sono gli altri utenti, i compagni di questo viaggio, dove trovi l'occasione di riflettere te
stesso, finendo a tutti coloro che ci seguono e che ci aiutano ad uscire dal
nostro problema e dalle difficoltà che proviamo nelle tentazioni, col rischio
di poter ricadere nuovamente nel baratro del fallimento.
Ringrazio davvero di cuore chi attraverso la propria professione, mette in
mezzo anche le proprie emozioni, non soffermandosi solo a svolgere il proprio
lavoro per quanto gli è dovuto, ma rendendoci partecipe di ciò che sicuramente
più ci serve, ossia il senso umano nei rapporti che ci vedono accanto l'uno con
l'altro.
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