La felicità è una cosa semplice
di Raffaele Gencarelli
Ho portato le scarpe bucate, consumate. Erano gli anni
universitari, facevo ogni giorno tanti chilometri a piedi, Roma è grande, sotto
erano bucate, ma di sopra le tenevo cosi in ordine che venivo invidiato dai
miei amici. Stavo naturalmente sempre attento a non alzare il piede, mai
accavallare le gambe e mostrare il buco della scarpa, era come un segreto da
custodire gelosamente, come una debolezza da non mostrare.
La mia famiglia mandava una somma già superiore alle sue possibilità, e dove non arrivavo con i soldi, sopperivo con le rinunce. Una volta davanti ad una pasticceria guardando un dolce ho ingoiato la saliva con cosi tanta voluttà che il mio gargarozzo fece un rumore secco che fu udito dai passanti!
La mia famiglia mandava una somma già superiore alle sue possibilità, e dove non arrivavo con i soldi, sopperivo con le rinunce. Una volta davanti ad una pasticceria guardando un dolce ho ingoiato la saliva con cosi tanta voluttà che il mio gargarozzo fece un rumore secco che fu udito dai passanti!
Una pasta costava 300 lire, troppe per le mie povere
finanze, poi dopo qualche tempo lavorai come imbianchino, ed il primo investimento
furono cinque deliziose paste. Le scarpe, dicevo, quell’anno l’autunno fu benevolo,
piovve pochissimo, ed io riuscii ad arrivare a dicembre con le mie scarpe
bucate senza danni eccessivi.
Quando ritornai ad Acri, comprai gli scarponi
invernali e risolsi il problema. Sia chiaro a tutti, ero ricchissimo perché avevo la mia gioventù, la mia intelligenza, una valigia piena di sogni,
una piena di obiettivi: ero un bel ragazzo, tanti amici, le ragazze che volevo,
una famiglia dignitosa alle spalle.
Cosa mi poteva fermare, pochi soldi? Delle
scarpe bucate? Dei vestiti non firmati? No!
Impariamo a dare sempre valore
alle cose che abbiamo, non diamole per scontato: capiremo di essere ricchi e
vivremo più felici, credo.
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