Il gomitolo delle relazioni

di Maria Sprizzirri
Quando parliamo di mediazione penale, troppo spesso ci fermiamo sulla superficie della disciplina stessa, non entrando mai in contatto con l’essenza della mediazione, quell’essenza che rende questo mondo quasi indefinibile, eppure esiste e noi ne siamo l’esempio vivente. Dietro la nostra di mediazione, prima dell’incontro tra vittima e autore di reato, c’è la persona, con le sue fragilità, insicurezze, emozioni, coraggio, orgoglio, insomma la vita, e alla base di tutto ciò le relazioni che costituiscono il quotidiano di tutti noi e che definiscono il nostro Io. Proprio per questa l’attività preparata per oggi mette al centro di tutto le relazioni che intercorrono all’interno del gruppo , sfruttando gli strumenti che ogni mediatore porta nella propria valigia: empatia, ascolto attivo e comunicazione non verbale. Ma perché il gomitolo? Un famoso libro che ho letto e riletto, “La solitudine dei numeri primi”, diceva: “Perché loro erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l’uno nell’altro”. Beh, penso che in queste poche righe sia racchiuso proprio lo scopo che cerchiamo di raggiungere ogni giorno, quello scopo che dovrebbe portare alla consapevolezza che in ognuno c’è un po’ dell’altro, basta solo saperlo trovare per poi prendersene cura. Tenere quel gomitolo in mano era pesante per me, pesante perché sentivo come la responsabilità che ogni relazione fosse nelle mie mani, ogni connessione tra di loro in quel momento era generata da me. Uno scambio di vite, di emozioni, di verità, di imbarazzo ha caratterizzato quindi il nostro circle time: chi raccontava  e poi ascoltava di sé era attento a non emozionarsi troppo, chi ascoltava per poi riportare la storia dell’altro era timoroso di cogliere ogni sfaccettatura del compagno, ma in ognuno di loro, posso assicurarvi, si vedevano degli occhi sinceri, a volte celati da un velo di malinconia ma anche da una luce di speranza, perché quello è passato ma, non è forse tempo di ri-costruire un loro nuovo Io?
Per concludere vorrei regalare ai ragazzi e ai lettori un pezzo di canzone a cui tengo molto, Heal the Word, di Michael Jackson, ovviamente nella versione tradotta: “C’è un posto nel tuo cuore e so che è l’amore e questo posto potrebbe essere molto più luminoso di domani. E se davvero ci provi, vedrai che non c’è alcun motivo per piangere, in questo posto tu sentirai che non c’è dolore o dispiacere. Ci sono vari modi per arrivare lì se tu ci tieni abbastanza a vivere crea un piccolo spazio, costruisci un posto migliore”.

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