L'emozione prima del consumismo



di Raffaele Gencarelli

Erano gli anni '60, la vita nella mia frazione, Duglia, scorreva lenta e serena, arrivato ottobre, non si poteva più rimandare: l'inverno cominciava ad affacciarsi, mimetizzato tra i colori pastello dell'autunno, gli alberi iniziavano la lenta mutazione, cedevano al vento le foglie, in cambio della promessa di un nuovo e sgargiante vestito per la primavera. Era tempo di scarpe nuove. A casa non avevamo la scarpiera, non serviva perché una volta comprato un paio di scarpe, loro diventavano una nuova pelle, che si abbandonavano quasi come una mutazione allorquando erano consumate e inservibili. Mia madre ci tirava a lucido, io usavo una brillantina della Linette che avevo trafugato a papa', e ci portava in paese per l'agognato acquisto, i negozi in cui ci recavamo erano ubicati alla salita del Municipio, dove c'erano Francatrippa e Sdegno, la scelta era cosa materna, io ed i miei fratelli non partecipavamo alla trattativa, le scarpe dovevano avere due caratteristiche: robustezza e costo basso, non importava il colore, il modello, la marca, mamma tirava il prezzo con una classe unica, aveva una sua strategia, contava sul numero 4 paia di scarpe in un colpo!
Più il venditore diventava irremovibile più lei ci avvicinava alla porta minacciando di abbandonare il negozio, la cosa si ripeteva più volte fino a che si raggiungeva l'accordo. Arrivati a casa l'euforia causata dal nuovo acquisto veniva spenta in partenza da mia madre, le scarpe, che noi chiamavano "ciamponi" considerata la loro grezza fattura, si sarebbero indossate solo in caso di pioggia.
Ecco amici ed amiche, questo è un piccolo cameo su un mondo che io sono felice di avere vissuto e che mi piace condividere con voi, soprattutto oggi che il consumismo sfrenato ci impedisce di dare valore a tante piccole cose. Buona vita!

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