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Visualizzazione dei post da maggio, 2019

Passione incondizionata

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Ci hanno insegnato che gli amori non corrisposti non servono a niente. Prenderai solo pesci in faccia. Ma se è chiaro che bisogna evitare l'accanimento patologico e che si deve stare in guardia dagli amori tossici, non bisognerebbe nemmeno dimenticare che l'innesco di ogni amore, la sua energia propulsiva, ciò che letteralmente "ci sposta da noi stessi" è amare, non essere riamati. Il dolore non deriva mai dall'amore, ma dalla necessità di avere una persona nel modo in cui noi la vogliamo, dalla necessità di ottenere qualcosa in cambio. Quindi il dolore non deriva dall'amore, ma dall'egoismo. L'amore nella sua forma più pura, ma anche il semplice innamoramento, o la passione, anche quando non corrisposta, ci migliora sempre e da senso alla vita. È vero anche che "Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è esserci seduto accanto e sapere che non l’avrai mai" (Gabriel Garcia Marquez). Ma è anche vero che viviamo non per

L'amore, da dietro le sbarre, il desiderio d'amore e di libertà

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di Antonio DS Un utente proveniente da Cosenza, che da pochi giorni ha terminato il periodo del suo programma terapeutico qui al Delfino, con altre persone ospiti qui in struttura, ha trovato occasione di condividere questa poesia. Egli c'ha parlato dell'autore Pino Mauro , ora scomparso, il quale fu un vecchio galeotto che in galera trovò riparo nella poesia. Antonio il nostro ex compagno di viaggio comunitario ebbe modo di poter conoscere l'autore di persona poiché suo concittadino e fa presente come per il poeta, anche la musica rientrava fra le sue passioni. Antonio, ha avuto anche lui alcuni precedenti con la giustizia e questa poesia l'ha imparata in carcere in quanto conosciuta fra i detenuti e ne cita anche un premio ad un concorso, ottenuto trenta anni fa. L'amore come il titolo della poesia, s'era impresso per l'autore nei riguardi della propria amata e lascia trapelare nel testo anche il proprio sentimento per la libertà dove egli, anch

L’autonomia emotiva, la nostra più grande conquista

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Uno dei più grandi successi a livello personale per un uomo è il raggiungimento della totale autonomia emotiva. Si tratta del momento in cui otteniamo la piena consapevolezza di noi stessi, senza più dipendenze tossiche, senza più bisogno di essere accettati da qualcuno per poter lottare con dignità e sicurezza per quello che vogliamo e meritiamo. Non è facile.  L’autonomia emotiva è un obiettivo nel proprio percorso di crescita che non tutti sono in grado di raggiungere in modo autentico. Questa autonomia, definita come la capacità di prendere decisioni in accordo con la propria volontà, è circondata da mura spesse, filo spinato ed un agguerrito esercito di guardie. Le pressioni esterne e i nostri sabotatori interni cercano in tutti i modi di farci mancare l’obiettivo. Questo costrutto psicologico guida, in realtà, molte dinamiche quotidiane che possono esserci più o meno familiari. Ogni genitore, per esempio, cerca di propiziare nei propri figli una corretta autonomia e

Falcone, per non dimenticare. Ripartiamo dalle parole dei testimoni

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di Katya Maugeri (articolo pubblicato su SiciliaNetwork) Sono trascorsi ventisette anni da quel 23 maggio 1992. Il più importante processo alla mafia fu quello portato avanti da uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, attraverso un rivoluzionario metodo investigativo: riuscirono a dimostrare che la mafia era lì, sotto gli occhi di tutti, che esisteva davvero, e che il silenzio serviva solo a lasciarla camminare velocemente, la mafia esisteva e si nutriva di omicidi, compromessi, paure dei cittadini e collusioni politiche. Dovremmo ripartire dalle parole, dalle testimonianze che durante questi lunghi anni di misteri, depistaggi e contraddizioni, hanno fornito un nuovo punto di partenza con la stessa destinazione: ricercare la verità. Giovanni Falcone quel 23 maggio era rientrato in Sicilia. Ad aspettarlo, al chilometro 5 della A29 vicino lo svincolo di Capaci-Isola delle Femmine, una carica di cinque quintali di tritolo, posizionata in una galleria sotterr

La voce del futuro

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di Katya Maugeri Rivolgere lo sguardo, l'attenzione a un percorso che racconta il nostro vissuto è sempre terapeutico: ci rivela chi eravamo e chi siamo diventati. Ci permette di fare dei bilanci, tirare le somme e sorridere. Sorridere degli errori, delle piccole imperfezioni che ci hanno permesso di diventare adulti. Il futuro sarebbe così vuoto senza le esperienze e senza la consapevolezza del nostro cambiamento, il presente sarebbe solo un momento privo di esistenza.  E noi tutti meritiamo di vivere la vita da protagonisti, mai da comparsa. Continua la nostra raccolta di pagine relative a "La Voce", il giornalino del Delfino, nel lontano 2006. Cambiano i nomi, ma non la passione e la forza di cambiare.

E tutto scorreva...

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di Antonio DS Fermo, correndo verso l'abisso. Guardavo in basso, ogni cosa mi sembrava scorrere. D'un tratto mi sono voltato indietro,  mi stavo perdendo qualcosa. Pensavo alle mie gambe, erano piegate.  Pensavo alle mie braccia, erano stanche.  Pensavo a quel ridicolo gioco che facevo,  mi stava rovinando, mi ha rovinato.  Senza una rosa, senza pietà, ostile a tutto.  Mi vedevo morire, ebbi una rabbia dentro che solo Dio lo sa.  E quello mi lascia uno stupido idiota.  Ed io a farmi in quattro per dargli soldi.  Ed io che non mi riconosco più.  La mia vita se la sta prendendo tutta.  Mi volto indietro ci resto scemo... Com'è possibile tutto questo scempio.

Cambiamenti

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di Salvatore Monaco Costruire ponti dove spesso le strade sono interrotte.  Modificare schemi malati e cattive abitudini, tracciando nuove rotte. E dalle maniche togliere gli assi  per procedere sempre a piccoli passi. Raccontarsi agli altri, scrivere, creare, eliminando tutti i ma e i forse, trasformando gradualmente,  con l'aiuto dell'altro, ogni debolezza in risorse.

A proposito di Ser.D

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Roberto Calabria Direttore Ser.D Asp Cosenza (articolo pubblicato nella rubrica "Infodipendenza su SiciliaNetwok https://www.sicilianetwork.info/category/infodipendenza/ ) Il Ser. D di Cosenza ha seguito nel solo 2018,  650 utenti, e assicurato moltissime prestazioni. Trattamenti farmacologici sostitutivi, colloqui psicosociali, terapie mediche e psicoterapie, che si contano nell’ordine di centinaia. Se pensiamo che  la sola assistenza dei detenuti tossicodipendenti ha richiesto 750 interventi, ci rendiamo conto della gran mole di lavoro che grava sugli operatori di questi servizi. Numeri esorbitanti che ben descrivono un impegno che non ammette distrazioni e pause e che mobilita le migliori energie dei nostri operatori, chiamati a fronteggiare un fenomeno di indubbio allarme sociale, su cui la luce dei riflettori, negli ultimi anni, si è forse un po’ smorzata. E la palla è rimasta in mano ai medici, assistenti sociali, infermieri, psicologi, educatori dei Serviz

Chiedimi se sono felice...

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di Antonio DS Chiedimi se sono felice, è il titolo di un film Premetto che sono molto felice che hai proposto di fare questa domanda, credo sia un motivo in più per comprendere ancora meglio, ciò che riguarda la mia persona e credo anche la tua, è una bella domanda e inaspettata. Riguardo a come ti parlavo ieri, della chiacchierata con l'operatrice, alla sua domanda di quali sono i miei obiettivi, ho risposto che innanzi tutto voglio sistemarmi nel lavoro ed è importante x me in questo momento sfruttare l'occasione di poter ottenere un attestato di cucina, in quanto mi può facilitare nel trovare un impiego e il fine di tutto ciò è di riuscire a crearmi una mia indipendenza e potermi  stabilire anche stando solo, in un'abitazione. Di progetti ce ne sono ancora altri e te ne ho parlato, tipo della home restaurant, un progetto a lungo termine ma che comunque credo di tenere sempre presente nella mia vita una volta che mi sono fatto delle esperienze nel settore

Lettera a Giò

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di Antonio DS Ti voglio bene, è questo che potrei scriverti alla fine, ma mi sembra riduttivo, forse opprimente, ma di sicuro non esprime in pieno il sentimento che provo per te, che ho riscoperto di avere in questi giorni. Che dire, non me l'aspettavo, sono rimasto di sasso quando il 24 ho visto il tuo messaggio, non avrei mai pensato che mi avresti potuto cercare, t'ho risposto, forse hai selezionato tutta la rubrica e non ti sei resa conto che c'era anche il mio contatto selezionato, forse era un modo per far sapere a tutti che stai bene. Comunque la felicità, la serenità anche se un po’ malinconica che provo, di sicuro deriva dal fatto che mi fa piacere che ti sei fatta sentire, per chiarire, non so, per non restare indifferenti a una storia che in fin dei conti é stata bella, piena di esperienze, d'avventure, di momenti fatti di alti e bassi, come del resto ci sono in ogni relazione, una storia che anche se non molto lunga, ci ha visti vivere u

Legge Basaglia: quando i pazzi diventarono cittadini. 41 anni dopo, la “rivoluzione gentile” è ancora in atto

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di Katya Maugeri foto di Mauro Vallinotto (articolo pubblicato su SiciliaNetwork) Il 13 maggio 1978 la legge 180 decretò la chiusura dei manicomi e stabilì uguale diritto di cittadinanza alle persone con disturbi mentali, ridando dignità e diritti alle persone. Sono trascorsi quarantuno anni e oggi più che mai serve approfondire e divulgare le informazioni legate a una realtà ritenuta scomoda. La legge Basaglia ha affermato l’importanza di un modello plurale e diffuso di offerta di servizi socio-sanitari concentrato sulla persona da curare e non sulla sua istituzionalizzazione. La rivoluzione gentile della legge Basaglia La dignità umana spesso non esisteva ed erano luoghi macabri in cui la qualità della vita era ai margini dell’umanità. Erano i manicomi all’interno dei quali l’uomo non era assolutamente considerato e al quale venivano sottoposte terapie invasive, come l’elettroshock. Fino a 2000 persone per ciascun istituto. E l’obiettivo era non tanto quello d

La primavera dell'anima

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di Alfredo Fiume Quando si è sempre intorpiditi non si dà importanza a ciò che ci circonda, ai problemi che creiamo agli altri e soprattutto a noi stessi. Poi quando usciamo da questo torpore e ci riaffacciamo alla vita prendiamo coscienza dei danni fatti. Essa infatti ci presenta il conto, lo esige.  Questo è il momento critico che siamo chiamati a superare. Questo è il  momento di dimostrare agli altri, ma soprattutto a noi stessi, che siamo disposti ad assumerci le nostre responsabilità, pagare i debiti nei confronti della società e accettare anche i giudizi e le etichette che noi stessi ci siamo attaccati. Questo periodo, chiamiamolo, di purificazione o espiazione io lo paragono un po’ all'inverno. Un periodo duro nel quale si tende a sopravvivere cercando di non farsi sopraffare dalle problematiche che noi stessi ci siamo creati. Vediamo tutto nero, spesso dubitiamo di noi stessi. Vediamo la luce sempre troppo lontana e ci viene voglia di mollare, di dire “io non ce

Fiore di maggio

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di Salvatore Monaco Trenta anni fa nascesti tu cara nipote. Ricordo come fosse ieri quel momento, la mia ansia di diventare zio per la prima volta, avevo 19 anni e ancora tante cose da imparare dalla vita. Ricordo quando durante la notte di quel 13 maggio 1989 sentii uscire di casa,  tua madre con tuo padre per andare all’ospedale, perché le si erano rotte le acque.  Mi affacciai alla finestra e  incrociando le dita le mandai un bacio. Non esistevano ancora i cellulari, l’ansia era alta ma non arrivando telefonate nella mattinata sul telefono di casa, si dava per scontato che la cicogna non fosse ancora planata sulla tua casa. Ero andato a scuola, frequentavo il quinto liceo scientifico ed ero di esami, avevo un dannato compito quella mattina. Inoltre chiesi al vicepreside di farmi uscire due ore prima per venire da te all’ospedale, per vederti nascere, ma mi rispose che non dovevo partorire io ma mia sorella. Probabilmente la mia reazione del viso lo indusse a darmi un’ora

Un cammino di speranza, per tutti

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don Salvatore Vergara Victor Frankl , psicoterapeuta austriaco, visse nel campo di Auschwitz, sopportando sofferenze immani. Ma notò ad un certo punto che quelle sofferenze non erano sopportate da tutti allo stesso modo. Ci racconta in un suo libro che chi aveva qualcosa in cui credere (una donna, una fede, un ideale) viveva più a lungo di chi, invece, senza alcuna speranza, lasciava che la morte lo prendesse più rapidamente degli altri. Un giorno per un banale motivo fu costretto a parlare ai suoi compagni di baracca per “tirarli su”. Espose diversi argomenti, molto convincenti per rianimare i suoi compagni ma poi, alla fine parlò loro “del futuro. Dissi che il futuro poteva apparire squallido, agli occhi di un osservatore imparziale.  Convenni che ognuno di noi poteva calcolare approssimativamente quanto poco probabile fosse uscire vivi dal Lager. Benché non vi fosse ancora l’epidemia di tifo petecchiale, valutavo al 5 per cento la speranza di sopravvivenza, e lo dissi agli a

Supplica a mia madre, la commovente poesia di Pasolini

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È difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore. Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data. E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame d'amore, dell'amore di corpi senza anima. Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù: ho passato l'infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, di un impegno immenso. Era l'unico modo per sentire la vita, l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita. Sopravviviamo: ed è la confusione di una vita rinata fuori dalla ragione. Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Un gradito Balocco

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di Salvatore Monaco Sarà stato più o meno nel 2013, come psicologo effettuavo alcuni accessi presso un centro di riabilitazione psicomotoria a Rogliano, paese in cui abito. Seguivo un paziente con esiti da ictus  che negli obiettivi del progetto terapeutico doveva lavorare sugli aspetti cognitivi, fortemente compromessi dalla patologia che lo aveva devastato qualche mese prima.  Era una persona molto sensibile, lo si capiva da tante cose, dal suo imbarazzo nel non poter parlare più come parlava prima della malattia e soprattutto dalla mano destra che aveva perso forza e tono muscolare. Spesso piangeva durante i vari esercizi che gli facevo fare, si commuoveva pensando al periodo in cui era sano e si occupava di tante cose, ma anche quando piangeva di gioia davanti ad un esercizio fatto bene dopo che gli facevo i complimenti. Lo facevo lavorare col computer e con l'apposito mouse e tastiera, riusciva a lavorare sulla riabilitazione della logica, memoria e linguaggio sema

Scrittura, narratrice di urla e silenzi

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di Alfredo Fiume Fin da quando ero piccolo mia madre riuscì a trasmettermi la bellezza del leggere. Mi diceva che sarebbe servito ad aumentare l'immaginazione e di conseguenza la creatività. La ringrazierò sempre per questa cosa. Leggere ha aiutato molto la mia forma di espressione  e una conoscenza abbastanza ampia della lingua italiana. Questo ha fatto si che di conseguenza ci fosse un netto miglioramento anche nell'esprimermi scrivendo. Pur non usando questa dote per scopi creativi mi capitava delle volte  di sentire il bisogno di mettere su carta il mio stato d'animo di quel momento storico. Quasi sempre accadeva in momenti di crisi per cose negative che mi succedevano oppure per crisi esistenziali che capitano ad ognuno di noi durante l'adolescenza. Una sorta di diario, ma non giornaliero ma sporadico. Non ho mai dato troppa importanza a questi scritti e raramente mi capitava di rileggerli perché erano per me solo una forma di sfogo, un alleggerirmi da pesi

Peppino Impastato, quei cento passi lunghi 41 anni

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Katya Maugeri  Il 9 maggio 1978 fu una giornata tragica per l’Italia: i resti di Peppino Impastato ritrovati in un casolare, vicino ai binari della ferrovia di Cinisi, e il cadavere di Aldo Moro in via Caetani a Roma, dentro una Renault 4 rossa. “Giuseppe Impastato, militante di Democrazia Proletaria, saltato in aria mentre stava preparando un attentato sulla linea ferrata Palermo-Trapani”, così scrissero i giornali. Forse un attentato -suicidio, si aggiunse dopo che i carabinieri trovarono in casa della zia una lettera, scritta mesi prima, in cui Impastato confessava i suoi propositi di suicidio. Ma quello che realmente accadde è storia, ormai: la Fiat 850 con Peppino a bordo fu bloccata lungo la litoranea Terrasini-Cinisi, presumibilmente da due o tre persone. Impastato venne “stordito e fatto passare accanto al posto di guida, poi fu condotto, con la sua stessa autovettura, fino al caseggiato rurale del Venuti”, racconta Giuseppe Casarrubea nell’introduzione al libro d

La cura in Carcere

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di Roberto Calabria Direttore U.O.C.Serd ASP Cosenza Spec. in Medicina Interna Perf.in Medicina Penitenziaria Curare il corpo, non tralasciando di coinvolgere lo spirito. Si addice al Medico Penitenziario un pensiero di Socrate che parlando ad un amico medico disse: ”Se tu sei veramente un medico, sappi che quando curi gli occhi, dietro gli occhi c'è la mente e dietro la mente c'è l'anima e che per curare gli occhi ,devi capire l'anima".  Ventuno anni di professione medica dedicata ai detenuti mi ha insegnato tanto, intanto credo che sia una maniera nobile di fare Medicina, quella con la M maiuscola. Non una medicina difensiva, non una medicina caritatevole, non una medicina marginale. La sua pratica, se è sistematica ed organizzata, può divenire metodo di lavoro e strategia operativa. La stessa popolazione detenuta con una mappa variegata di tossicodipendenti, malati di AIDS, epatite virale, malati psichiatrici è passata da 18.000 del 1970 agli

Le memorie dei miei genitori, bastava poco per essere felici

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di Angelo N. Ricordo delle giornate passate con i miei genitori,sia quando erano le feste e sia quando andavo ad aiutare i miei nei lavori in campagna. C'eravamo tutti tranne la più piccola, quando era il tempo della raccolta delle olive e quando si faceva la vendemmia.  Alle 7:30 eravamo già tutti pronti per cominciare i lavori, ma la cosa più bella era alle 12:00, mia madre con mia zia, preparavano il pasto che si consumava come una scampagnata. Una tovaglia per tavolino e per sedia le cassette o chi preferiva, si sedeva a terra. Sembrava sempre una festa, anche quando si cenava la sera, perché eravamo in 10 allora, tutti uniti senza menzogne o altro. Ricordo i giorni di festa le domeniche che mia madre preparava un sugo che l'odore arrivava fino alle stanze e per secondo c'era pollo o una fettina di carne e salsiccia, tutta roba casarecce. Ricordo che a Pasqua tutti i miei fratelli aspettavano i regali, l'uovo al cioccolato e a Natale i panettoni .Vogli

La memoria, il punto di incontro con la vita. Da "La voce" a "Cambia-menti"

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di Katya Maugeri Viviamo le nostre giornate con la frenesia delle lancette che segnano sempre un orario a noi sfavorevole: troppo tardi per leggere, tardi per approfondire il discorso, la lettura. Per ricordare. A volte non abbiamo il tempo di ricordare: fermarci serenamente e abbandonarci a quel luogo chiamato memoria, là dove custodiamo parte di noi. Momenti in cui abbiamo preso delle scelte, periodi complicati, ma ci sono anche quei cassetti colmi di cose belle, sì. Quelle che ci regalano un sorriso e ci ricordano quanto abbiamo creduto a un sogno, un progetto, un ideale che abbiamo portato avanti con tutta la nostra passione. Oggi, la mia casella di posta ha ricevuto questo dono prezioso: pagine - alcune chiaramente - di un giornalino cartaceo relativo al 2006. All'interno, le rubriche, le attività legate agli ospiti del Centro Il Delfino. Non potevo non scriverne! Un passato che si rinnova, che cambia forma, colori e nomi, ma che porta con sé lo stesso amo